Eco Del Cinema

L’Illusionista – Recensione

Sylvain Chomet porta sullo schermo un’idea del geniale Jacques Tati, lasciata nel cassetto prima della sua morte

(The Illusionist) Regia: Sylvain Chomet – Cast: Jean-Claude Donda, Edith Rankin, Jil Aigrot, Didier Gustin, Frédéric Lebon, Tom Urie – Genere: Animazione, colore, 90 minuti – Produzione: Gran Bretagna, Francia, 2010 – Distribuzione: Sacher – Data di uscita: 29 ottobre 2010.

l'illusionistaAu revoir Jacques Tati! Arriva dal 1959 “L’illusionista”, ultimo lavoro di Sylvain Chomet, capolavoro d’animazione 2D, commiato del grande Jacques Tati. Sì, perché la sceneggiatura di questo film è stata scritta dall’istrionico mimo francese in persona e poi solo oggi, a distanza di quasi 50 anni, riadattata per il mondo del cartone animato da Sylvain Chomet, bravissimo regista francese, già apprezzato dal pubblico per “Appuntamento a Belleville”.

Del resto come portare in scena una pellicola senza Tati che rappresenta Tati, se non sfruttando matite e colori? La storia è incentrata sulla decadenza del mondo del varietà nel 1959, ormai surclassato dalle boy band rockettare che avrebbero spopolato negli anni ’60 e da quegli strani aggeggi che portano il nome di televisione.

Il lavoro è davvero un omaggio, una dichiarazione d’amore nei confronti di uno dei protagonisti del cinema transalpino. La maniera che sceglie Chomet per proporre il triste e melanconico illusionista, immaginato da Tati, è quel particolarissimo tipo di disegno 2D, che in maniera retrò, quasi vintage ormai, ci riporta ad atmosfere vicine al primo cinema animato a colori. Il protagonista di quest’opera pessimistica, dal finale amaro, vive il suo declino di illusionista, ormai inevitabile, riuscendo a trovare un po’ di felicità con la trasformazione, nonostante i molti problemi pecuniari, di una contadina in una principessa.

Sfruttando pochissimo il computer ed avulso dal mondo degli occhiali in 3D, il regista francese punta tutto su una storia semplice ed efficace, che arriva direttamente al cuore dello spettatore, attraverso immagini che si fanno poesia e deliziano lo sguardo. Tutto questo (ancora una volta) a testimonianza che la sceneggiatura c’est tout, giusto per parlare nella langue du cinema! Un’idea di cinema molto diversa da quello a cui siamo abituati, fatta di silenzi, davvero “racconto per immagini”, azioni universalmente valide quasi come nel mondo del muto. Quasi, perché una buona parte di merito nel rendere encomiabile il lavoro sta nella colonna sonora, che scandisce i movimenti e soprattutto le emozioni.

L’illusione principale de “L’illusionista” sarà l’amara sentenza, che puntualmente arriverà dal box office made in Italy, con quei pochi mila euro di incasso. Del resto le magie, come i maghi, non esistono!

Davide Monastra

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