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L’Heure d’été – Recensione

Il tenero racconto di un’eredità spartita tra gioie e dolori

Regia: Olivier Assayas – Cast: Juliette Binoche, Charles Berling, Dominique Reymond, Edith Scob, Jérémie Renier, Valérie Bonneton, Kyle Eastwood, Isabelle Sadoyan, Gilles Arbona – Genere: Drammatico, colore, 100 minuti – Produzione: Francia, 2007.

lheuredeteIn una grande casa di campagna, una famiglia si riunisce per festeggiare i 75 anni dell’anziana Helene (Edith Scob): i tre figli Frederic (Charles berlina), professore a Parigi e scrittore, Adrienne (Juliette Binoche), designer tra New York e Tokio, e Jeremie (Jérémie Renier), produttore di scarpe in Cina, più mogli e figli. Helene sceglie proprio questo giorno per parlare della sua eredità con Frederic, facendo l’elenco di tutto quello che la casa contiene e ricordando così la storia della sua vita, passo per passo, anche se i figli sembrano interessarsi ad altro.

La reale morte di Helene scatena i dissidi fra i tre, che devono decidere se vendere oggetti e casa, scavando tra l’altro nei meandri dei segreti della madre e delle loro anime. Prima di cedere tutto, però, organizzeranno una festa di addio. Malinconico e intenso, Olivier Assayas sceglie di raccontare i sentimenti con dolcezza, ritrovando in ogni oggetto particolare, come il tavolo Louis Majorelle o i vasi di Antonin Daum, il ricordo che viene celato e le sensazioni che si rivivono sfiorandolo. Qualcosa che arriva in ritardo, quando il contenuto è ormai perduto per sempre, ma che giunge lo stesso al cuore dello spettatore.

Tuttavia, con “L’Heure d’été”, il regista non riesce a giungere alle glorie di “Les destinées sentimentales”, rimanendo purtroppo in superficie, nonostante sia anche autore della sceneggiatura, cedendo al richiamo della banalità, talvolta, salvo nel momento intensissimo del finale, preso in prestito da Rohmer. Le inquadrature sono piccole cornici, che vanno ad evidenziale oggetti e persone in modo lieve ma profondo, lasciando intendere le mille storie che può raccontare una statua cinese con le dita spezzate o un disegno dimenticato da tempo.

È forse per questo, e per il cast impeccabile, che gli perdoniamo la mediocrità di alcuni attimi, sottolineando invece la poesia dell’insieme.

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