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L’avvocato del diavolo

Recensione

L’avvocato del diavolo – Recensione: un istrionico Al Pacino tenta di sedurre un Keanu Reeves in lotta tra il bene e il male

scena del film "l'avvocato del diavolo"

Una scena del film “L’avvocato del diavolo” con Keanu Reeves e Al Pacino.

Nel 1667 John Milton scriveva nel suo “Paradiso perduto” la frase: “Meglio regnare all’inferno, che servire in paradiso”, la stessa che il grande interprete italo-americano Al Pacino, avrebbe recitato appena quattro secoli dopo, in una celebre sequenza de “L’avvocato del Diavolo”, film del regista Taylor Hackford.

Al centro della vicenda, proprio come nel poema in versi, l’eterno conflitto tra bene e male, le due alternative dinanzi alle quali l’uomo si trova costantemente a dover scegliere. Ad impersonificare tale condizione dell’esistenza umana è nel film, Kevin Lomax, brillante avvocato di provincia, interpretato da Keanu Reeves, che con la grinta impiegata rende bene il lato rampante e ambizioso del personaggio, capace di non perdere mai una causa e destinato a un grande futuro come legale.

Il primo segnale percepibile di una presenza diabolica all’interno del film, è dato dall’inasprimento della colonna sonora, nella scena in cui, in un bagno del tribunale, Kevin, si rende conto che il cliente che deve difendere dall’accusa di pedofilia, è in realtà colpevole.

Il dilemma del protagonista, che si dibatte tra la volontà di riconfermarsi incontrastato principe del foro e quella di ‘fare la cosa giusta’, come recitato nel sottotitolo del film, è dispiegato allo spettatore attraverso un meccanismo alla “Sliding Doors”: mediante uno tra i più classici degli artifici narrativi, è possibile infatti assistere ad entrambe le scelte. Prendendo visione delle due alternative lo spettatore si ritrova assolutamente certo di quale debba essere la strada migliore da percorrere, ma la speranza di un finale rassicurante, che salvi la giovane moglie di Kevin, Mary Ann, interpretata da un’intensa Charlize Theron, dura molto poco, perché il Diavolo, o meglio Al Pacino, sarcastico e seducente, è sempre dietro l’angolo ad attenderci con le sue tentazioni.

L’avvocato del diavolo: un piccolo gioiello cinematografico sull’integrità morale

Le evoluzioni della trama, la bravura del blasonato cast di attori, la sensazione di vuoto da cui si viene colti per esempio nei dialoghi in cima ai grattacieli, quella di perversione e allucinazione delle scene girate negli interni di alcune delle proprietà del miliardario Donald Trump, hanno il merito di tenere lo sguardo dello spettatore costantemente incollato allo schermo.

Ad un occhio attento non possono sfuggire alcune finezze forse volontarie del regista, come l’inquadratura della scritta “In God we trust”, all’interno del tribunale; in un momento preciso del corso della storia oppure sul finale, l’inquadratura, questa volta dal basso di una New York completamente svuotata, come a voler simboleggiare la ‘caduta’, quella del personaggio e quella di uno degli angeli di Dio, durante la notte dei tempi.

In conclusione, un lavoro che, nonostante alcune esagerazioni di stile hollywoodiano, si merita ancora il primo posto in classifica, se non altro perché ci invita a riflettere su un tema, quale quello dell’integrità morale, mai anacronistico e sempre di difficile teorizzazione.

Cecilia Sabelli

Trama

  • Titolo originale: Devil’s Advocate
  • Regia: Taylor Hakford
  • Cast: Al Pacino, Charlize Theron, Keanu Reeves, Jeffrey Jones, Judith Ivey
  • Genere: Thriller, colore
  • Durata: 143 minuti
  • Produzione: USA, 1997
  • Distribuzione: Warner Bros.
  • Data di uscita: 19 Dicembre 1997

locandina del film "l'avvocato del diavolo"Kevin Lomax è un brillante e ambizioso avvocato della Florida che non conosce fallimenti, anche se ciò implica spesso la difesa di clienti tutt’altro che innocenti. Vincente nel lavoro e felicemente sposato con una bellissima donna, l’uomo sembra condurre una vita quasi perfetta fin quando un giorno, spinto dalla smania del successo, finisce per accettare l’offerta ‘tentatrice’ di John Milton, fondatore e capo di uno degli studi legali più prestigiosi di New York. Seguirà un lento discendere verso degli inferi a metà strada tra stato allucinatorio e realtà, nel quale Milton si rivelerà essere il diavolo.

L’avvocato del diavolo: il mix letterario

Nonostante la trama sia tratta dall’omonimo romanzo di Andrew Neiderman, il film contiene piccole allusioni al “Paradiso perduto” di Milton, a cominciare proprio dal nome del diavolo (John Milton), omonimo dello scrittore inglese del Seicento. Nel finale del film sono descritti i gironi ardenti concentrici dell”Inferno su ispirazione di quelli della Divina Commedia di Dante.

La pellicola è stato oggetto di azioni legali dopo il suo rilascio. La scultura con forme umane nell’appartamento di John Milton è infatti molto simile a quella Frederick Hart sulla facciata della Cattedrale Episcopale Nazionale in Washington DC. La scena violava così i diritti d’autore di Harts e la cosa ha creato non pochi problemi, in primis il ritardo nella distribuzione in video del film stabilita da un giudice legale; fino alla risoluzione del caso in tribunale o al raggiungimento di un accordo. La Warner Bros. accettò di modificare la scena, nella quale al scultura è sfocata, per i rilasci futuri e di attaccare adesivi nelle videocassette inedite per indicare che non c’era alcuna relazione tra la scultura nel film e il lavoro di Hart.

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