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L’arte della felicità – Recensione

Può un film d’animazione ispirare non solo l’arte di essere felici, ma l’arte come mezzo per essere felici? A giudicare dal successo europeo di questa pellicola d’animazione, sì

 Regia: Alessandro Rak – Cast: Lucio Allocca, Leandro Amato, Silvia Baritzka, Francesca Romana Bergamo, Antonio Brachi – Genere: Animazione, drammatico, colore, 82 minuti – Produzione: Italia, 2013 – Data di uscita: 21 novembre 2013.

Artefelicita

Una Napoli apocalittica e buia, sferzata dalla pioggia battente e squarciata da lampi di fuoco e lava, esasperata dall’invasione della spazzatura, umidiccia sotto la pioggia in una mesta poltiglia che stringe anche l’anima e la rende appiccicaticcia. Nella notte senza fine di Napoli corre il taxi di Sergio, che si trasforma in abitacolo intriso di sigarette e malinconia, nel quale scorre un flusso esistenziale appassionato ed emotivo, del tutto nuovo al nostro cinema.

“L’arte della felicità” è un affascinante affresco animato che mixa la sapienza secolare della filosofia buddhista alla malia che caratterizza la cultura partenopea, che ribolle di passione come la lava sotto la sua terra, abituata a un senso di fatalità e di morte indissolubilmente legato ad un’assolutizzazione dei sentimenti per nulla romantica, anzi molto concreta, capace di rovesciarsi talvolta nell’(auto) ironia.

Questi fattori culturali coinvolgono lo spettatore in un turbine di immagini e musica che hanno pari peso al fine della resa artistica, e anzi denotano una scelta stilistica originale, quella della musica per immagini in una sorta di flusso di coscienza cinematografico che non rinuncia alla narrazione classica (sebbene vi sia una certa discontinuità tra le parti narrative e quelle prettamente emozional-concettuali).

“L’arte della felicità” intercetta in modo molto efficace gli umori repressi e la rabbia sociale covata soprattutto tra i giovani italiani; e al tempo stesso funziona da collettore di un sentimento di riscossa della speranza, quell’ “energia morale insolita per il cinema italiano” di cui ha giustamente parlato Mereghetti.

“L’arte della felicità” è il primo film d’animazione per adulti interamente made in Naples, presentato alla settantesima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia come evento di apertura della Settimana della Critica, dove ha riscosso il plauso di critica e pubblico. Un trampolino di lancio che ha concentrato l’attenzione mediatica su quello che potremmo definire un esperimento coraggioso, sia dal punto di vista artistico che commerciale (chi è che fa film d’animazione non diretti specificamente ad un pubblico di giovanissimi, oggi in Italia?) e che ha riscosso successo anche in Europa (il film ha vinto il premio come Miglior Opera Prima al più importante festival del cinema indipendente, il Raindance Film Festival di Londra).

Un piccolo capolavoro di creatività con alcuni limiti. I dialoghi didascalici spesso troppo lunghi pesano nel corso del film: si straparla e spesso si va alla ricerca della frase a effetto di forte valenza simbolica, anche se non “intellettualistica” come si potrebbe pensare, anzi, chiaramente ispirata ai dialoghi-fiume divertentissimi, un po’ surreali e scurrili, del miglior cinema di genere americano.

Limiti, quelli de “L’arte della felicità”, tipici dell’opera prima che aspira ad essere tante cose, e poi si ritrova schiacciata da quest’ansia palpitante. Ridondanze che poi non sono altro che una felicissima e benvenuta eruzione di creatività proveniente dritta dritta da una giovane squadra cinematografica di autori napoletani. Disegnatori, animatori e musicisti, tutti riuniti in un solo progetto artistico, la Mad Entertainment, una factory che in questo plumbeo tempo di crisi riunisce un gruppo di temerari che, consapevoli di essere le migliori energie della scena culturale napoletana, hanno deciso di farsi strada da soli, dimostrando che è possibile vivere di cultura per il piacere di farla, unendo qualità e progettualità imprenditoriale.

Piera Boccacciaro

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