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L’alba del pianeta delle scimmie – Recensione

Sicuri che l’uomo sia migliore delle scimmie?

(Rise of the Planet of the Apes) Regia: Rupert Wyatt – Cast: James Franco, Freida Pinto, John Lithgow, Andy Serkis, Brian Cox, Tom Felton, David Hewlett, Tyler Labine, Sonja Bennett, Chelah Horsdal, David Oyelowo, Leah Gibson, Jamie Harris, Richard Ridings, Karin Konoval, Christopher Gordon, Jesse Reid, Mattie Hawkinson – Genere: fantascienza, avventura, colore, 105 minuti – Produzione: USA, 2011, Twentieth Century Fox Film Corporation, Chernin Entertainment – Distribuzione: 20th Century Fox – Data di uscita: 23 settembre 2011.

alba-pianeta-scimmieNel 3978 il pianeta Terra è governato da una specie evolutivamente avanzata e civilizzata, e non stiamo parlando del genere umano. Le scimmie dominano incontrastate rovesciando la classica visione antropomorfica d’interrelazione fra specie. Questo secondo il romanzo “La planète des singes” di Pierre Boulle da cui poi Franklin J. Schaffner nel 1968 ha tratto il film, caposaldo del filone fantascientifico, “Il pianeta delle scimmie”.

Ma vi siete mai chiesti come tutto abbia avuto origine? Per soddisfare tale curiosità Rupert Wyatt, grazie alla sceneggiatura di Amanda Silver, Rick Jaffa e Jamie Moss ha ideato e girato un prequel ovvero “L’alba del pianeta delle scimmie”.

Un’ambientazione contemporanea, e uno studio molto attuale e realistico sulla ricerca di una cura per il morbo di Alzheimer, portano il giovane scienziato Will Rodman (James Franco) a sperimentare un virus in grado di curare tale malattia. Per verificarne gli effetti inietta il siero T-12 su uno degli scimpanzé del laboratorio, ma qualcosa va storto e Occhi Luminosi, questo il nome del primate, viene abbattuto, la ricerca viene sospesa e le scimmie cavie vengono abbandonate al loro triste destino tranne il piccolo Caesar, figlio di Occhi Luminosi, a cui la mamma ha trasmesso geneticamente gli effetti evolutivi del siero T-12.

Caesar cresce con lo scienziato che ne studia gli incredibili sviluppi che lo rendono sempre più simile ad un essere umano. Ma la storia ci insegna che non si può giocare ad essere Dio senza pagarne le conseguenze. Il finale infatti, che dà inizio poi al film cult “Il pianeta delle scimmie”, si conclude con un’epica battaglia sul Golden Gate Bridge (sempre e immancabilmente avvolto dalla nebbia) dove Caesar guida i suoi simili verso una nuova esistenza, e con i terribili risvolti del virus T-12: se per gli scimpanzé significa evoluzione per gli uomini vuol dire epidemia.

Per la prima volta nella storia dei film di questa celebre saga le scimmie non sono interpretate da uomini in costume, ma creati digitalmente tramite le avanzate tecniche di digital morphing e motion capture del team della Weta Digital, i favolosi geni del computer responsabili dei visual effects della trilogia “Il Signore degli Anelli” e di “Avatar”.

E se vi state chiedendo “Ma dove ho già visto Caesar?” la domanda è lecita, e per rispondere basta riportare i pensieri ad un essere glabro e con grandi occhi verdi che errante nella Terra di Mezzo cercava con tutte le sue forze il suo prezioso tesoro. Proprio così Andy Serkis interpreta magistralmente una creatura diversa dal Gollum che l’ha reso celebre ma altrettanto espressiva, quanto digitale. E come sempre gli riesce benissimo.

Il film, tranne qualche piccola incoerenza tecnica e qualche problema nella recitazione di James Franco e Freida Pinto, scorre liscio senza intoppi e porta lo spettatore a difendere e supportare l’ascesa delle scimmie a discapito della sua stessa specie, facendolo riflettere. Siamo davvero sicuri che l’uomo sia effettivamente migliore dei cugini primati?

Eva Carducci

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