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La vie en rose – Recensione

Edith Piaf e “La vie en rose”

(La mome) Regia: Olivier Dahan – Cast: Marion Cotillard, Sylvie Testud, Clotilde Courau, Jean-Paul Rouve, Pascal Greggory, Marc Barbé, Caroline Sihol, Emmanuelle Seigner, Catherine Allégret, Gérard Depardieu – Genere: Drammatico, colore, 140 minuti – Produzione: Francia, Gran Bretagna, Repubblica Ceca, 2007 – Distribuzione: Mikado – Data di uscita: 7 maggio 2007.

lavieenroseUna vie en rose che di rosa ha ben poco, eppure una vita intensa e appassionata come poche. E a distanza di tempo vogliamo parlarne, non solo per i premi che il film ha ricevuto, ma anche per il carattere e l’esistenza particolare che hanno reso il personaggio unico. Ecco a voi Edith Piaf, al secolo Edith Giovanna Gassion la grande protagonista del film “La mome” d’Olivier Dahan, arrivato in Italia come “La via en rose”.

La “ragazzetta” del titolo francese è la giustamente premiata Marion Cotillard che ha dato corpo e volto al “passerotto” Piaf, dagli anni difficili dell’adolescenza agli ultimi giorni di vita. Se non fosse tutto vero e provato, il film sembrerebbe un tragico feuilleton, eppure il destino di Edith è già segnato alla sua nascita, avvenuta sotto un lampione di Belleville. Figlia di un saltimbanco e di una cantante di strada, la bimba cresce nel bordello della nonna in Normandia, viziata e coccolata da un gruppo di puttane dal cuore d’oro, tra cui spicca nel film una bellissima Emmanuelle Seigner.

Ad otto anni diventa cieca per poi recuperare la vista miracolosamente dopo un pellegrinaggio sulla tomba di Santa Teresa di Lisieux. Adolescente ritorna alla strada dove è nata e sbarca il lunario cantando con l’amica Momone. Eppure in quel corpicino gracile c’è una potenza vocale e un carisma che nessuno potrebbe mai immaginare. È l’impresario Louis Leplée, un Gerard Depardieu assolutamente misurato nella sua interpretazione, che la ribattezza “La Mome Piaf” al suo debutto al Cerny di Parigi. È l’inizio del mito tra cadute e successi che si alternano. Leplèe muore ucciso misteriosamente, ma non è la fine di Edith.

Nel giro di solo due anni il più famoso dei music hall parigini “ L’A.B.C.” la consacra sua stella e il carismatico Raymond Asso la trasforma da “mome” a star. È uno dei suoi numerosi amanti che si succederanno negli anni. Edith vive per l’amore e per cantarlo e incanta, pur non essendo bella, uomini di grande charme e cultura. Per lei, Jean Cocteau scrisse prima la piece teatrale “La bella indifferente” e poi alla sua morte il suo epitaffio. Per morire lui lo stesso giorno.

Amore e morte, questa la vita del passerotto che mai cantò meglio “L’himne à l’amour” in una notte del 1949 alla Versailles di New York, quando il suo grande amore Marcel Cerdan scomparve in un incidente aereo. Nonostante il grande dolore volle andare lo stesso in scena la sera stessa della tragedia. È una delle scene più belle del film. Edith disperata esce dalla sua camera da letto circondata dalla sua corte per riapparire come d’incanto tra le luci del palcoscenico per cantare per lui l’ultima volta. Mai la sua voce fu più intensa, “Se un giorno la vita ti strapperà a me, poco m’importa se tu mi ami perché io morirò con te, avremo per noi l’eternità…”

La star inquieta e il pugile campione del mondo dei pesi medi si erano incontrati a New York e nonostante lui fosse sposato era stata passione vera e per un attimo il passerotto aveva assaggiato il dolce nettare della felicità. Ma show must go on…Edith si stordisce per sopravvivere con alcool e droga e i suoi camerini ospitano tra i molti Charles Aznavour, Gilbert Bécaud, Leo Ferrè, molti dei quali saranno lanciati da lei. Tutti le lasceranno delle bellissime canzoni, da “Milord” di Georges Moustaki a “Non, je ne regrette rien”di Charles Dumont. Edith ha bisogno di un uomo accanto e di fare l’amore con il suo pubblico. Tra incidenti stradali, diversi coma epatici, interventi chirurgici e un tentativo di suicidio Piaf continua ad incantare il suo pubblico.

A 40 anni ne dimostra 70 eppure si esibisce all’Olympia di Parigi e alla Carnegie Hall di New York. Tutti la ricorderanno con la sua “robe noir” di sempre, non per la sua schiena curva e le mani martoriate dell’artrite, ma per il suo “Non, je ne regrette rien” scritta da Charles Dumont, un inno alla vita che continua nonostante tutto. Un ignoto cantante giovanissimo d’origine greca, Théo Sarapo canta con lei “A quoi sert, l’amour” alla sua ultima apparizione in pubblico nel 1962.

Èil suo ultimo compagno e l’accompagnerà verso la fine con amore e devozione. Il passerotto, oramai un’ombra di se stessa, lei che cantava per non morire, non ha piu’voce. L ’11 ottobre 1963 una folla e Marlene Dietrich l’accompagnarono fino al cimitero Pére-Lachaise e la Francia restò orfana della sua ragazzetta. A qualsiasi regista tremerebbero i polsi davanti ad un personaggio così, ma Olivier Dahan ci prova e la vera vita entra nell’arte. I flashback s’intrecciano continuamente e il tempo sembra andare in diverse direzioni, a volte anche troppo.

La regia è nervosa e punta tutto su Marion Cotilard, seppur affiancandola di comprimari di lusso come Emmanuelle Seigner e Gérard Depardieu…. L’attrice francese recita costantemente sopra le righe eppure questo non disturba. È Edith, egoista, tirannica ma allo stesso tempo affascinante e carismatica. Riesce ad essere minuta come lei, cammina come lei; è lei, anche grazie ad un trucco quotidiano di sei ore che la rende irriconoscibile. Un discorso a parte merita la colonna sonora del film, unica al mondo come la vita della protagonista.

Edith Piaf e Simone Berteuaut l’amica che non l’abbandonerà mai, erano “goneleuses”, ovvero cantanti di strada che raccontano la vita difficile di prostitute, ladri e papponi come in “Milord”. Edith Piaf era al contempo un’artista popolare amata anche dagli intellettuali raffinati. Fu sua collaboratrice tra gli altri Marguerite Monnot pianista e compositrice classica che musicò lo struggente “Inno all’amore”, le cui parole sono state scritte dalla stessa Piaf, allo stesso modo della “Via en rose”.

Nel film tra gli altri pezzi un corale “Padam Padam” venato di disperazione, uno storico “Mon homme” eseguita da Jill Agirot e la dura “Mon Legionnaire” .E infine il suo testamento spirituale “Non rimpiango nulla, riparto da zero, perché la mia vita, le mie gioie ripartono con te”.

Ivana Faranda

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