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La regola del silenzio – The Company You Keep – Recensione

Robert Redford torna a dirigere ed interpretare un buon thriller sugli estremisti dei movimenti pacifisti degli anni ’70 che si segue bene, ma delude nel finale

(The Company You Keep) Regia: Robert Redford – Cast: Robert Redford, Shia Labeouf, Nick Nolte, Brit Marling, Stanley Tucci, Anna Kendrick, Susan Sarandon – Genere: Thriller, colore, 125 minuti – Produzione: USA, 2011 – Distribuzione: 01 Distribution – Data di uscita: 20 dicembre 2012.

laregoladelsilnezioDopo cinque anni da “Leoni per agnelli”, Robert Redford torna dietro e davanti la macchina da presa con il nuovo thriller “La regola del silenzio”.

Protagonista è l’avvocato e padre single Jim Grant (Robert Redford), costretto a fuggire quando il giovane reporter Ben Shepard (Shia LeBeouf) scopre la sua vera identità di pacifista radicale degli anni ’70 ricercato per omicidio. A questo punto Jim Grant cerca di rientrare in contatto con quelli che trent’anni prima erano stati i suoi compagni ed avevano lottato con lui, ripercorrendo il passato con la speranza di scrivere un futuro per lui e sua figlia dodicenne, Izzy.

Basato sull’omonimo romanzo di Neil Gordon, “La regola del silenzio” vuole riportare lo spettatore a quegli anni in cui il mondo, e gli Stati Uniti in particolare, erano spaccati in due da una guerra lunga e distruttiva come fu quella del Vietnam, viva nei ricordi della gente per le immagini continuamente visionate sulle TV casalinghe, e dai conseguenti movimenti di protesta, che, seppur pacifisti in teoria, furono protagonisti di episodi di violenza in nome della causa. La scelta interessante è di non esaminare i fatti con gli occhi degli anni ’70, ma con lo sguardo moderno di persone che agirono allora e che oggi sono cresciute e hanno una vita diversa, opinioni riviste, un punto di vista nuovo. Durante la fuga di Grant, infatti, entriamo in contatto con tanti uomini e donne che condivisero gli ideali di pace e di amore, ma che furono coinvolti in attentati, in uno dei quali morì una guardia. C’è chi si è pentito, chi vede ancora vivi quei valori, chi ha dei rimorsi, chi rifarebbe tutto allo stesso modo, chi sente terribilmente il peso delle azioni di un tempo sulla vita di oggi.

Vorremmo sapere di più su questi personaggi così diversi tra loro e un giorno tanto legati, ma dobbiamo soltanto immaginare, provare a capire come ragionavano trent’anni fa, cosa hanno fatto e cosa li ha spinti a farlo. Oggi sono dei settantenni con delle vite tranquille e rispettose, ma ieri erano dei ragazzi che professavano l’amore libero e credevano che davanti ai terribili atti di violenza che il proprio Paese stava compiendo non si potesse restare fermi a guardare, ma bisognasse agire per provare a cambiare le cose.

E il cambiamento è proprio uno dei grandi temi di “La regola del silenzio”: cercando di cambiare il mondo queste persone hanno cambiato sé stesse e le loro vite, talvolta in modo diverso da quello che avrebbero desiderato. Il team di ex-hippie è brillantemente interpretato da un cast d’eccezione: oltre a Robert Redford, troviamo Susan Sarandon, Julie Christie, Sam Elliott, Richard Jenkins e Brandan Gleeson.

Anche se forse il personaggio più affascinante è proprio quello estraneo alla vicenda: Ben Shepard, un giovane reporter che inizia a seguire il caso per farsi conoscere, per scrivere un grande scoop ed essere apprezzato dal suo capo, ma che, a mano a mano che si scoprono le carte, è sempre più animato dalla scoperta della verità. Portando a galla i segreti di Jim Grant ed i suoi amici, capendo le loro azioni e le loro motivazioni, ciò che era giusto e ciò in cui sbagliarono, si guarda per la prima volta e scopre un sé stesso tutto nuovo. Shia LeBeouf riesce finalmente a scrollarsi di dosso l’aria da ragazzino e regala un’interpretazione credibile, convincente, adulta, costruendo un personaggio avvincente ed intrigante.

Le basi per un ottimo film c’erano tutte e per la maggior parte della sua durata, “La regola del silenzio” si segue con interesse e coinvolgimento, merito di buon cast, di una storia ben scritta e girata e delle ambientazioni tra boschi e laghi, che fanno immergere completamente nella natura. Purtroppo Robert Redford non riesce a tirare le fila di questa storia, che nel finale sembra perdere tutto il suo significato, incidendo sensibilmente sulla riuscita di un film dignitoso.

Corinna Spirito

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