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La parte degli angeli – Recensione

Una storia di rivincita e solidarietà in un commedia riflessiva e agrodolce

(The Angels’ Share) Regia: Ken Loach – Cast: Paul Branningan, Roger Allam, John Henshaw, William Ruane, Daniel Portman, David Goodall – Genere: Commedia, colore, 106 minuti – Produzione: Gran Bretagna, 2012 – Distribuzione: Bim – Data di uscita: 13 dicembre 2012.

la-parte-degli-angeliRobbie è un ragazzo di Glasgow con una storia difficile. È stato condannato a svolgere 300 ore di lavori socialmente utili per aggressione verso dei tizi che minacciano vendetta e ha appena avuto un bambino, ma il padre della sua fidanzata vorrebbe che uscisse dalla vita della figlia. Quando Robbie vede per la prima volta suo figlio Luke giura che non avrà la stessa vita di privazioni che ha avuto lui. Mentre sconta la condanna ai lavori forzati, Robbie conosce Albert, Rhino e Mo, anche loro condividono con lui il sogno di un impiego. Sarà il loro supervisore Harry ad aprirgli le porte di un nuovo mondo: quello del whisky.

Ken Loach costruisce con questo film una brillante commedia o, come lui definisce in miglior modo, una storia con qualche sorriso. La pellicola ha infatti dei momenti molto cupi soprattutto nella prima parte in cui si conosce meglio la situazione del protagonista. Robbie è un ragazzo con un’infanzia traumatica e evidenti problemi a gestire una rabbia feroce che sfocia spesso in atti di violenza. Uno di questi ci viene mostrato all’inizio del film in maniera brutale e con riprese dinamiche e concitate altamente realistiche.

Nonostante la sua storia Robbie è però un ragazzo intelligente che tenta di superare la sfiducia in se stesso e farsi strada, a suo modo, in un mondo che non è certo lì ad attenderlo a braccia aperte.

Il regista inglese, da sempre concentrato su tematiche sociali, attraverso queste personaggio vuole mettere in luce la situazione che sempre più contraddistingue il mondo dei giovani: la prospettiva di un futuro vuoto. Come in Italia anche in Inghilterra la disoccupazione ha raggiunto livelli preoccupanti mai toccati e le generazioni di giovani devono fare i conti con una sensazione costante di chi non avrà mai un lavoro sicuro.

La genialità di Loach sta però nel descrivere tutto questo in chiave comica, con un ironia che riesce a farci sorvolare la drammaticità di fondo. Un personaggio chiave in questo senso è quello di Albert, che regala al pubblico, con il suo umorismo semplice e la sua ingenuità, dei veri momenti di divertimento ma che riesce allo stesso tempo a stupire con le sue trovate intelligentemente genuine.

Il mondo del whisky, elemento altamente legato alla cultura scozzese, rappresenta la possibilità, lo spiraglio di un mondo diverso e migliore. E’ un universo di poesia, sensazioni e marketing ricco di sfumature e contraddizioni, e attraverso esso anche un delinquentello come Robbie scoprirà di avere delle doti, aiutato dalla solidarietà disinteressata di Harry.

Tutti i personaggi, che con il loro umorismo scozzese e un linguaggio sboccato e gergale ispirano a loro modo simpatia, fanno notare quanto sia salda e ben scritta la sceneggiatura di Paul Laverty, che fa scorrere la storia senza intoppi e con guizzi brillanti.

Il cast ha qualcosa di miracoloso poiché vi è un’ottima amalgama di attori professionisti e neofiti puri come il protagonista Paul Branningan, scozzese dalla storia difficile come quella del suo personaggio ma che dà sul grande schermo, forse proprio per questo, un’ottima perfomance, o Gary Maitland (Albert), già comparso in film di Loach come “Sweet Sixteen” e “Tickets” ma che di professione si occupa di nettezza urbana.

C’è un po’ di tutto in “La parte degli angeli”: solidarietà, amore, dramma, ironia, preoccupazione per il futuro, disagio sociale, violenza. Ma tutto viene amalgamato in modo che lo spettatore giunga a comprenderne il messaggio positivo: non meritiamo tutti la possibilità di esprimere il meglio di noi stessi?

Miriam Reale

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