Eco Del Cinema

La fine è il mio inizio – Recensione

Con Elio Germano, Andrea Osvart e Bruno Ganz. Lo sceneggiatore Ulrich Limmer e il regista tedesco Joe Baier rendono omaggio al grande viaggiatore, appassionato giornalista e autore di libri di successo Tiziano Terzani

(Das Ende ist mein Anfang) Regia: Jo Baier – Cast: Bruno Ganz, Elio Germano, Erika Pluhar, Andrea Osvart, Nicolò Fitz-William Lay – Genere: Drammatico, colore, 98 minuti – Produzione: Germania, Italia, 2011 – Distribuzione: Fandango – Data di uscita: 1 aprile 2011.

la-fine-è-il-mio-inizioPoco prima che il cancro lo divorasse per sempre, Tiziano Terzani mandò una lettera al figlio Folco. Con il suo solito inchiostro viola lo invitò a tornare all’Orsigna per parlare della propria vita con lui che ne era stato parte e spettatore per 36 anni. La voce energica e incantatoria di questo studioso delle ‘umane cose’ verrà poi catturata tra le pagine del libro “La fine è il mio inizio”, da cui oggi Jo Baier trae il suo primo lungometraggio.

All’ombra di un verde albero, con la barba canuta e gli abiti bianchi, il Tiziano Terzani rappresentato dal regista tedesco, ha il volto di Bruno Ganz e decisamente ricorda la figura dello scrittore scomparso. A stargli vicino, questa volta silenziosamente, ascoltando storie di saggi illuminati e di uomini affamati di potere, Elio Germano, l’unico giovane del panorama italiano certamente adatto ad interpretare la parte del curioso Folco. Tra pacati movimenti di macchina, che alla fine condurranno sulla cima di una montagna che molto ricorda quelle Himmalyane dove Terzani si ritirò anzitempo, lo spettatore può con agio lasciarsi travolgere dalle parole di questo viaggiatore. Può cioè finalmente guardare alla morte come qualcosa a cui non dover sfuggire. Riflettere su come accettarla potrebbe essere la chiave per liberarsi dall’ossessione per l’abbondanza materiale e il potere. Grandi questioni e difficili discorsi, dunque, che, nonostante il contributo dello stesso Folco alla sceneggiatura, non trovano una resa efficace.

Il Terzani di Baier, potrà anche indossare l’orologio con il Buddah, potrà anche attaccare occhi indiani agli alberi, ma non possiederà mai il carisma, la voce teatrale, l’accento genuinamente toscano e tutta l’energia con cui Terzani sembrò affrontare la malattia, almeno da quanto mostrato nei video girati da Folco durante la scrittura del libro. Davvero un peccato se si pensa all’amore diffuso per questo personaggio e alle potenzialità di una storia tanto commovente.

Cecilia Sabelli

Articoli correlati

Condividi