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La Faida – Recensione

Dal regista di “Maria Full of Grace” un nuovo film, che racconta i contrasti di una società, quella albanese, proiettata nel futuro ma ancorata a codici civili del passato

(The Forgiveness of Blood) Regia: Joshua Marston – Cast: Tristan Halilaj, Sindi Laçej, Refet Abazi, llire Vinca, Çelaj – Genere: Drammatico, colore, 109 minuti – Produzione: USA, 2011 – Distribuzione: Fandango – Data di uscita: 31 agosto 2012.

lafaidaL’incipit narrativo de “La Faida” è semplice, a dispetto della complessità emotiva delle vicende raccontate: il padre di Nik è accusato di aver commesso un omicidio, e il fatto, oltre le ovvie implicazioni legali e etiche, espone l’intera famiglia dell’uomo a gravi ritorsioni.

Il rispetto del Kanun, un’antica legge balcanica risalente al quindicesimo secolo, asserisce che la famiglia della vittima debba essere ripagata con pari spargimento di sangue, in questo caso proprio quello del giovane protagonista, in quanto primogenito maschio.

La vita della famiglia è completamente stravolta, si vive barricati in casa, persino i bambini, che non possono neppure andare a scuola. Svaniscono i sogni Nik: aprire un internet point tutto suo, frequentare una sua coetanea, per la quale nutre grande affetto. Come se non bastasse, Rudina, la giovane sorella abbandona gli studi per poter mantenere la famiglia rilevando l’attività del padre, in quanto il lavoro materno non è sufficiente.

In un film dove i dialoghi sono i veri protagonisti (presentato alla 61sima edizione del Festival di Berlino, “La Faida” è stato giustamente premiato per la Miglior Sceneggiatura), il regista mostra il fenomeno delle faide, purtroppo ancora molto diffuso in Albania, attraverso una profonda caratterizzazione dei protagonisti delle vicende, che si trovano ad affrontare una situazione che ha dell’incredibile nel ventunesimo secolo, purtroppo familiare anche a molte realtà italiane.

Nel medesimo contesto sociale convivono telefoni cellulari di ultima generazione, scuole tanto funzionanti da mandare insegnanti a casa per venire incontro alle esigenze dei piccoli scolari, e al contempo un attaccamento viscerale a regole arcaiche indegne di una società civile, dove la parte lesa, se così la vogliamo chiamare, tiene nelle proprie mani la vita di un’intera famiglia, che diviene dipendente dagli umori di estranei, e a nulla serve che la giustizia faccia il proprio corso.

La fotografia accompagna egregiamente un racconto che, seppur non memorabile, lascia il segno, ed ha il pregio di raccontare una realtà che non riempie le prime pagine dei telegiornali, ma non per questo non crea una lunga scia di sangue.

Durante i quarant’anni di regime comunista il fenomeno delle faide è sparito completamente in Albania, per riemergere col crollo del regime, per riempire, secondo molti, quella lentezza giudiziaria che non assicurava i colpevoli alla giustizia, e come protesta all’abolizione della pena di morte.

Dal 1992 ad oggi, in Albania, ben 9500 uomini sono stati uccisi nelle faide.

Daniele Battistoni

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