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Kreuzweg – Le stazioni della fede – Recensione

  • Titolo originale: Kreuzweg
  • Regia: Dietrich Brüggemann
  • Cast: Lea Van Acken, Franziska Weisz, Florian Stetter, Lucie Aron, Moritz Knapp, Klaus Michael Kamp, Hanns Zischler, Birge Schade, Georg Wesch, Ramin Yazdan
  • Genere: Drammatico
  • Durata: 107 minuti
  • Produzione: Germania 2014
  • Distribuzione: Satine Film
  • Data di uscita: 29 ottobre 2015

Il giovane regista tedesco Dietrich Brüggemann sceglie uno stile rigoroso per una storia di denuncia contro ogni forma di radicalismo religioso

kreuzweg

Diviso in 14 capitoli come le stazioni della Via Crucis cattolica, “Kreuzweg” è il racconto degli ultimi giorni di vita della giovane Maria, appartenente a una famiglia cattolica fondamentalista di stampo radicale. Durante la preparazione della cresima ella decide di consacrare la sua vita a Dio per far guarire il fratellino autistico con conseguenze tragiche.
L’immagine forte della locandina del film, quella di una ragazzina dal viso cereo con la fronte incorniciata da una corona di spine, esprime perfettamente il senso di quest’opera. “In Kreuzweg – Le stazioni della fede”, Maria è una schiva adolescente che sembra vivere fuori da ogni mondo reale in Germania. Tutta la sua esistenza è concentrata sulla sua famiglia appartenente alla fittizia Fraternità di San Paolo, palesemente ispirata alla Fraternità di San Pio X, che si contraddistingue per un’etica basata molto sul sacrificio di ogni desiderio terreno. Evidentemente questo va in conflitto con le esigenze di una ragazzina che si affaccia alla vita e ai primi turbamenti sentimentali. Infatti, sarà proprio l’incontro con Christian suo compagno di scuola a far scatenare l’inferno.

“Kreuzweg – Le stazioni della fede”, lunghe inquadrature fisse ‘racchiudono’ la critica al fondamentalismo religioso

Il regista segue il triste epilogo della protagonista, plagiata da Padre Weber e mortificata continuamente da una madre castrante e rigida. Tutto questo mentre il fratellino Johannes, muto perché probabilmente autistico, la guarda a occhi spalancati e pieni di amore. L’unica figura positiva in casa è la ragazza francese alla pari, Bernardette, sua ancora di salvezza.

Il film è girato in modo molto atipico, ovvero con lunghe inquadrature fisse, una per ogni stazione della Via Crucis, con l’unica eccezione di quella finale. E del resto Brüggemann lo aveva già fatto nel suo lavoro del 2006 “Neun Szenen”, anche quello incentrato sul tema dei rapporti familiari. Il risultato è un’opera rigorosa, calibrata, dura a tratti e priva di qualsiasi filtro morale. Solo apparentemente “Kreuzweg” è un film sulla chiesa cattolica, anche perché al centro del plot c’è la Fraternità di San Pio X seppur sotto falso nome. Fondata nel 1970 da Marcel Lefebvre è stata bandita nel 1975 dal Vaticano, per poi rientrare parzialmente nel 2009 con Papa Benedetto XVI. Il regista in realtà fa un atto di denuncia sui pericoli di ogni integralismo religioso ai danni dei più fragili.

Il film è il frutto del talento ‘coraggioso’ del regista tedesco

Tutta la pellicola scorre bene tranne per il finale che ne mette apparentemente in bilico la coerenza e che ricorda molto quello de ”Le onde del destino” di Lars von Trier. Tutti gli interpreti sono ben calibrati, spiccano la giovane e delicata Maria/Lea van Acken, la madre tremenda/Franziska Weisz e il glaciale Padre Weber/Florian Stetter, e la bella e solare Bernadette/Lucie Aron confidente di Maria. Infine, ulteriore nota, l’ottima sceneggiatura, figlia dello stesso regista e della sorella Anna, premiata nel 2014 al Festival di Berlino.

In sintesi “Kreuzweg – La stazione della fede” si può definire un film non per tutti ma che conferma il talento di un regista coraggioso che nel suo ultimo lavoro, “Heil”, non ancora uscito in Italia, ha osato ironizzare sul fenomeno dei neonazisti tedeschi.

Ivana Faranda

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