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Kick-Ass 2 – Recensione

Ironia, violenza, eroismo e un pizzico di romanticismo sono gli ingredienti segreti di un sequel travolgente che continua a rappresentare con comicità e disillusione il mondo dei supereroi 

Regia: Jeff Wadlow – Cast: Aaron Johnson, Christopher Mintz-Plasse, Mark Strong, Chloë Grace Moretz, Jim Carrey, Nicolas Cage – Genere: Azione, colore, 117 minuti – Produzione: USA, 2013 – Distribuzione: Universal Pictures – Data di uscita: 15 agosto 2013.

kickass2Quante volte dopo aver visto il sequel di un film siamo usciti dalla sala insoddisfatti perché non era altrettanto bello o in linea con il primo della serie? Beh probabilmente i casi sono tanti, ma una cosa è certa: “Kick-Ass 2” – sequel della saga tratta dall’omonimo fumetto di Mark Millar e John Romita nel 2008 – non rientra in quest’infelice categoria, anzi. Si potrebbe dire, infatti, che il cambio di regia – da Matthew Vaughn a Jeff Wadlow – abbia permesso di aggiungere quel qualcosa in più che fa la differenza. Partendo dalla volontà di non fare una semplice e inutile ‘nuova versione’ del primo film, Wadlow si mantiene in linea con quest’ultimo proponendo però, com’è giusto che sia, un’evoluzione della storia, una vera e propria escalation che va di pari passo con la crescita e il raggiungimento della maturità da parte dei protagonisti, che, pur rimanendo fedeli a loro stessi, mostrano in realtà di essere psicologicamente adulti e in grado di assumersi le conseguenze delle proprie scelte.

Nel primo capitolo della saga tutto era partito da una domanda che continuava a frullare nella testa di un normalissimo teenager appassionato di fumetti: “Perché nessuno ha mai provato a diventare un supereroe?”. In fondo, in un mondo in cui ingiustizia e criminalità sembrano averla vinta, e dove raramente si può contare sull’aiuto del prossimo, non è poi così folle voler indossare una maschera e far piazza pulita di tutto il male della società. Convinto di ciò e animato dalla volontà di rendere il mondo un posto migliore, Dave (Aaron Taylor-Johnson) si arma di costume verde e bastoni da kung-fu per dar vita al supereroe Kick-Ass, inaugurando una sorta di moda che, da quel momento in poi, avrebbe spinto la gente comune a mascherarsi e a improvvisarsi supereroi per il bene comune.

Lungo il suo cammino incontra la bizzarra coppia di vendicatori, Big Daddy e Hit Girl (Chloë Grace Moretz) – padre e figlia -, nonché Red Mist (Christopher Mintz-Plasse), suo futuro antagonista e figlio del pericoloso gangster Frank D’Amico.

Ma questo era solo l’inizio di tutto. Nel presente ognuno sembra sforzarsi di tornare alla vita normale, ma con scarsi risultati: Dave si ritrova a rindossare i panni di Kick-Ass e a entrare in un gruppo di strambi supereroi, i ‘Justice Forever’, capitanato dal Colonnello Stelle e Strisce – interpretato da un irriconoscibile Jim Carrey –, e al quale solo alla fine si unisce anche Mindy, alias Hit Girl, inizialmente impegnata a opprimere la ninja assassina che è in lei per tentare di omologarsi alle ragazze della sua età. Dalla parte dei cattivi, fa il suo ingresso Red Mist, trasformato nella versione del super-villain, The Motherfucker, decisamente evoluta nella sua cattiveria e pazzia. E se Kick-Ass può contare sull’aiuto dei Justice Forever, lo stesso fa il suo antagonista, dotato di un gruppo di fedeli altrettanto numeroso, reclutati tra i criminali più pericolosi della città, con lo scopo di eliminare Kick-Ass e la sua gang.

In mezzo a una ricca dose di violenza, combattimenti all’ultimo sangue e un pizzico di romanticismo, emerge chiaramente il nodo centrale del film che può riassumersi nelle fatidiche domande: chi siamo realmente? Cosa vogliamo diventare nella vita? Questioni su cui ognuno di noi, nella sua esistenza, si trova a dover riflettere, e a cui non sempre è facile trovare risposta. Proprio in questo senso, i personaggi sembrano percorrere una sorta di viaggio alla fine del quale poter scoprire veramente la propria identità e il loro posto nel mondo, al di là di ciò che gli altri vorrebbero che fossero; e la risposta ai loro quesiti è semplice a dirsi ma difficile a farsi: vivere la propria vita e perseguire i propri sogni, con o senza l’approvazione degli altri.

Oltre a questo, ciò che rende il film unico nel suo genere è la volontà di avvicinare i supereroi al mondo reale inserendoli in situazioni e contesti in cui si trovano a rapportarsi con la vita vera e a rimanere dunque in una dimensione concreta, solo a tratti illusoria. Nel caso di Dave, il personaggio si ritrova ad avere a che fare con un gruppo di supereroi che in realtà si rivelano ben presto persone comuni unite da tragiche storie; Mindy è nel bel mezzo del liceo e deve fare i conti con nemici quasi più spaventosi dei criminali con cui ha combattuto, e Chris, alias The Motherfucker, si trova ad avere a che fare con il vero mondo criminale dove per diventare il re dei super-villain bisogna pagare. I Supereroi di questo film non sono persone speciali, dotati di chissà quale potere formidabile. Essi sono ‘normali’ e, in quanto tali, vulnerabiliemortali.

Francesca L. Sanna

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