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Jersey Boy – Recensione

Il sound italo-americano anni ’60 secondo Clint Eastwood

Regia: Clint Eastwood – Cast: John Lloyd Young, Erich Bergen, Michael Lomenda, Vincent Piazza,Christopher Walken, Francesca Eastwood, Freya Tingley, Ashley Leilani, Vincent Piazza – Genere: Biografico, colore, 150 minuti – Produzione: USA, 2014 – Distribuzione: Warner Bros Italia – Data di uscita: 18 giugno 2014.

jersey-boyQuattro ragazzi sotto un lampione in cerca del sound giusto: sono questi i protagonisti del primo film musicale diretto da Clint Eastwood. A ottantaquattro anni Eastwood si conferma un autore eclettico, incapace di proporre due volte lo stesso genere: negli ultimi dieci anni ha girato di tutto dal thriller “Mystic River” allo storico “Flags of Our Fathers”, dal drammatico “Gran Torino” al politico “J. Edgar”, passando per il fantastico “Hereafter”. Effettivamente in molti si chiedevano quando lui, appassionato di musica e compositore di molte colonne sonore, avrebbe deciso di dirigere un film sull’argomento. Il momento è arrivato ed Eastwood ha scelto per questo debutto i Four Seasons, quartetto divenuto famoso negli anni ’60 per l’originale sound italo-americano. Già con diverse pellicole il mitico californiano ha dimostrato di sapersela cavare con i biopic (pensiamo a “Changeling”, “J. Edgar” e soprattutto “Invictus” in cui aveva trasformato Morgan Freeman in un perfettamente somigliante Nelson Mandela) e con “Jersey Boys” non fa che confermare le impressioni passate.

Per narrare nascita e successi dei quattro musicisti, Clint Eastwood si basa sull’omonimo musical di Broadway che nel 2006 ha intascato quattro Tony Awards, tra cui quello per il Miglior Musical. Nonostante ingaggi lo stesso interprete della versione teatrale nel ruolo del protagonista Frankie Valli (John Lloyd Young), Eastwood non porta un musical sul grande schermo, bensì un film biografico sotto ogni aspetto. Nonostante la scalata al successo abbia un ruolo importante all’interno della storia, “Jersey Boys” è prima di ogni altra cosa un racconto di amicizia e complicità tra quattro ragazzi provenienti da un quartiere malfamato da cui c’erano solo tre modi per uscire: “entravi nell’esercito e magari finivi ucciso; diventavi mafioso e magari finivi ammazzato… o diventavi famoso”. Per loro erano due su tre, viene spiegato a inizio pellicola. L’ambiente in cui sono nati e cresciuti ha lasciato un marchio sulla pelle che non potrà mai essere lavato via: niente, né fama, né soldi, né donne, né figli sapranno far dimenticare a quei ragazzi di periferia i valori e gli insegnamenti appresi in gioventù.

Clint Eastwood racconta la storia di quattro amici che viaggeranno per l’America e il mondo, senza mai uscire dal quartiere mafioso che diede loro i natali. Trattandosi di una band, però, la musica non può che avere un ruolo da protagonista all’interno del film e allora ecco che lo spettatore ha la possibilità di godersi delle scene da urlo nel momento in cui i ragazzi salgono sul palco o si trovano in sala registrazione per interpretare il loro nuovo pezzo. Eastwood è riuscito a mettere insieme un cast d’eccezione: i quattro esordienti sul grande schermo John Lloyd Young, Erich Bergen, Michael Lomenda e Vincent Piazza sono rispettivamente un Frankie Valli, un Bob Gaudio, un Nick Massi e un Tommy DeVito incredibilmente simili agli originali, soprattutto per quanto riguarda il timbro vocale e l’interpretazione delle canzoni.

“Jersey Boys” non è un film perfetto e scivola facilmente sugli ostacoli più classici del biopic (si perde ad esempio nella messa in scena di dettagli o personaggi irrilevanti), ma riesce nel suo obiettivo: immergere gli spettatori nella romantica e nostalgica America anni ’60, far rivivere la musica dell’epoca nei cuori di chi non l’ha mai dimenticata e permettere alle nuove generazioni di innamorarsi di quattro ragazzi armati di coraggio, passione e un po’ di follia che crearono un sound unico sotto il nome di The Four Seasons.

 

Corinna Spirito

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