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Je fais le mort – Recensione

Je fais le mort: il regista Jean-Paul Salomé porta in scena un giallo ben costruito senza rinunciare all’ironia e all’intrigo amoroso tipici della commedia brillante

Regia: Jean-Paul Salomé – Cast: François Damiens, Géraldine Nakache, Lucien Jean-Baptiste, Anne Le Ny, Jean-Marie Winling, Kévin Azaïs, Nanou Garcia, Corentin Lobet, Judith Henry – Genere: Commedia, colore, 104 minuti – Produzione: Francia, 2013.

Je Fais Le MortPresentato fuori concorso al Festival Internazionale del Film di Roma, “Je fais le mort” è un piccolo film brillante che, senza troppe pretese, riesce a divertire e avvincere lo spettatore. La pellicola ha tutte le caratteristiche per essere etichettata come un giallo, ma ad esso aggiunge qualche ingrediente in più: l’umorismo, tipicamente francese, e il flirt amoroso danno, infatti, alla storia la fisionomia di una commedia vera e propria.

A cavallo tra i due generi – il giallo e la commedia – il film ha per protagonista Jean, un attore disoccupato che, a causa del suo essere puntiglioso e maniaco dei dettagli, finisce per non essere più richiesto dai registi. Disposto a far di tutto pur di lavorare, si affida all’ufficio di collocamento dove gli affidano un impiego assai bizzarro: fare la parte del morto per ricostruire la scena di un crimine. In tale contesto la sua ossessione per i particolari diviene provvidenziale per la risoluzione di un intricato caso di omicidio.

Ciò che salta subito all’occhio guardando il film è la capacità del regista di non prendersi mai troppo sul serio. Una qualità lasciata intendere dai numerosi dettagli e richiami al cinema francese, e non solo. Basti pensare al nome d’arte del protagonista, “Jean Reno”, o ai continui rimandi ai film americani, tra cui “RoboCop”, “Basic Instinct”, “Batman” e via dicendo. Questo continuo riferimento alla settima arte da parte del film sembra voler ricalcarne l’appartenenza e, al tempo stesso, il suo essere onorato di poter farne parte.

La pellicola è costruita su una trama criminale impeccabile incentrata su un’interessante caso di omicidio di cui man mano, con l’avanzare delle indagini, trapelano particolari che incuriosiscono piacevolmente lo spettatore. Ogni scena si regge, infatti, sulla cura meticolosa dei dettagli, mai lasciati al caso. In questo senso, il film segue un filo logico ineccepibile che consente allo spettatore di fruire appieno il susseguirsi degli eventi nella narrazione.

Si rimane, inoltre, piacevolmente colpiti dall’ambientazione della pellicola, per buona parte girata nella suggestiva località sciistica di Megève. A far da sfondo al caso, dunque, le montagne innevate e il paesino caratteristico fatto di accoglienti baite e tetti spioventi. Un’ambientazione che ben si addice alla storia narrata: il paesaggio nordico, con il suo bosco, gli specchi d’acqua e la vastità delle montagne, contribuisce a creare un’atmosfera a tratti inquietante che ben si presta al genere giallo, e che fa riaffiorare alla mente la sconfinatezza minacciosa della natura caratteristica dei quadri del pittore romantico Caspar David Friedrich.

In conclusione, “Je fais le mort” è l’esempio dimostrativo che anche un piccolo film, pur non potendo fare affidamento su un cast stellare, può comunque fare la differenza.

Francesca L. Sanna

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