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In Trance – Recensione

Ossessione, violenza, ipnosi e arte: questi gli ingredienti vincenti del visionario “In Trance” di Danny Boyle

(Trance) Regia: Danny Boyle – Cast: James McAvoy, Vincent Cassel, Rosario Dawson, Danny Sapani, Matt Cross – Genere: Giallo, colore, 101 minuti – Produzione: Gran Bretagna, 2013 – Distribuzione: 20th Century Fox – Data di uscita: 29 agosto 2013.

intrance-locSimon (James McAvoy), assistente di una casa d’aste, decide di entrare in combutta con dei criminali per rubare il dipinto “Streghe nell’aria” di Francisco Goya. Durante la rapina, però, viene colpito alla testa e al suo risveglio non ha nessuna idea di dove abbia nascosto il quadro. Dopo pressioni, minacce e torture, la banda di rapinatori, capitanata da Frank (Vincent Cassel), si convince che Simon sia afflitto da amnesia e si affidano alle tecniche ipnotiche della terapeuta Elizabeth Lamb (Rosario Dawson) per risvegliare i ricordi del ragazzo e recuperare il loro prezioso bottino.

Sullo sfondo thriller, a tratti noir, di una rapina incompleta, “In Trance” si rivela una pellicola in perfetto stile Danny Boyle. Dopo “Trainspotting” (1996) e “The Beach” (2000), il regista premio Oscar per “The Millionaire” (2008) torna a raccontare la passione, l’ossessione e la fragilità della mente umana. E si assicura di farlo nel migliore dei modi.

Il casting è stato lungo e penoso, ma ha dato frutti succosi. Tanti i nomi fatti in pre-produzione, soprattutto per il ruolo di Elizabeth: si era parlato di Scarlett Johansson, Eva Green, Zoe Saldana, ma fin dalle prime scene ci è chiaro che non poteva esserci personalità migliore di Rosario Dawson per interpretare la sensuale e misteriosa ipnoterapeuta, anima e corpo del film. Alla telecamera del compagno Danny Boyle, l’attrice si dona completamente; non soltanto perché si esibisce in un nudo integrale difficile da dimenticare, chiave di lettura dell’intera pellicola, ma anche perché si dimostra totalmente in grado di sostenere un ruolo da protagonista assoluta, affidatole per la prima volta nella sua carriera quasi ventennale. Credibile, intensa, sfaccettata, Rosario Dawson manovra criminali e potenti con la sola fermezza della sua voce, incarnando la potenza della persuasione femminile.

Sceneggiatura, montaggio e regia lavorano insieme per dare vita a un giallo affascinante, coinvolgente e singolare. Danny Boyle gioca con lo spettatore, instilla in lui il seme del dubbio, lo stuzzica, non permette mai che resti passivo durante la visione, gli lancia qualche segnale perché tenti di risolvere l’enigma, senza però lasciare che possa realmente sciogliere tutti i nodi. “In Trance” è scritto attentamente, con una cura puntuale ai vari livelli di narrazione e all’interazione con l’audience; il montaggio funziona per allusioni e flashback proprio come accadeva in “The Millionaire” (vincitore di un Oscar in questa categoria).

“In Trance” incontra i gusti del grande pubblico più di quanto non abbiano fatto i film precedenti di Boyle, ma non si esaurisce nel puro intrattenimento. La regia sa sapientemente definire la linea di confine tra la pellicola d’azione e quella psicologica, cambiando i tempi e i movimenti di macchina da campi lunghi a primi pianissimi.

Sicuramente uno dei migliori prodotti del mercato statunitense del 2013, “In Trance” è un gioco di luci e ombre, una danza perfettamente calibrata tra fascino e orrore, che vi sedurrà per poi allontanarvi bruscamente.

Corinna Spirito

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