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Il solista – Recensione

Un violoncellista schizofrenico e un giornalista curioso protagonisti di “Il solista”, pellicola a suon di musica che non convince

(The Soloist) Regia: Joe Wright – Cast: Robert Downey Jr., Jamie Foxx, Catherine Keener, Tom Hollander, Rachael Harris, Stephen Root – Genere: Biografico, Drammatico, colore, 117 minuti – Produzione: Regno Unito, USA, Francia, 2009 – Distribuzione: Universal Pictures – Data di uscita: 23 luglio 2010.

il-solistaUna “passione” non la si può soltanto rappresentare, raccontare o descrivere, bisogna riuscire a comunicarla e trasmetterla allo spettatore. Ed è proprio di questa capacità di giungere al cuore e far vibrare le corde dell’anima, che si avverte la mancanza ne “Il Solista”, una mancanza non trascurabile in una pellicola incentrata sul binomio genio/follia, sul racconto di un amore viscerale per la musica trasformatosi in dedizione estrema, fino a sfociare nell’isolamento e nel distacco dalla realtà.

Si tratta della storia di Nathaniel Ayers (Jamie Foxx), un talentuoso violoncellista amante di Beethoven, costretto ad interrompere gli studi alla illustre Juilliard School di New York perché affetto da patologia schizofrenica, e divenuto un homeless che trascorre le sue giornate suonando il suo violino con due sole corde sotto i ponti di Los Angeles. A sconvolgere il suo destino interviene l’imprevisto incontro con Steve Lopez (Robert Downey Jr.), un noto giornalista che, incuriosito dalla storia di Nathaniel, decide di raccontarla nella sua rubrica.

Questo “lavoro” porterà Steve ad affezionarsi all’insolito musicista, adoperandosi affinché egli riesca a riprendere in mano le redini della sua carriera ed a costruirsi una vita diversa da quella “della strada”. Una commovente storia vera ed un rilevante tema sociale sembrerebbero dunque gli ingredienti giusti per toccare il pubblico e sensibilizzarlo verso una realtà che nelle metropoli statunitensi, benché stia assumendo dimensioni sempre più allarmanti, è vissuta dalla società benestante con quotidiana indifferenza e considerata un inevitabile “risvolto della medaglia”. Ma, nonostante ci siano tutte le carte in regola, il film non riesce a penetrare nella coscienza e nell’anima degli spettatori, risultando troppo schematico nella narrazione e poco capace di approfondire ed indagare i caratteri dei personaggi.

L’innesto nel presente filmico di diversi flashback sul passato di Nathaniel, non è gestito in modo efficace: le interruzioni appaiono troppo lunghe e non ben collegate con la narrazione principale, mancando così l’obiettivo di penetrare l’io del protagonista e far nascere un’empatia nello spettatore. Un maggior senso di turbamento e partecipazione emotiva è mosso dall’impietoso ritratto del mondo della “strada”, dipinto grazie ai volti, alle parole, alle ferite dei senzatetto che affollano i marciapiedi di Los Angeles: uomini e donne che trascorrono le giornate attendendo la notte per dormire e poter sognare.

Se dunque le scelte del regista inglese Joe Wright (con alle spalle due successi come “Orgoglio e pregiudizio” ed “Espiazione”) in questa pellicola non risultano “azzeccatissime”, a risollevare la china è senza dubbio la convincente interpretazione dei due attori protagonisti, Robert Downey Junior (Steve Lopez) calatosi per la seconda volta nel ruolo di un giornalista realmente esistente (dopo “Zodiac” nel 2007), e Jamie Foxx (Nathaniel Ayers), che per immedesimarsi a pieno nel personaggio ha osservato a lungo il vero Nathaniel, filmandolo a sua insaputa con il cellulare per capirne gli atteggiamenti e comprendere il suo rapporto con la realtà. L’attore ha persino scelto di imparare a suonare il violino ed il violoncello (era già un bravo pianista) per entrare completamente nel mondo di melodie capace di illuminare lo sguardo smarrito e spaventato di quell’uomo.

La pellicola rimane dunque un prodotto di buon livello ma si avverte la mancanza di quell’ineffabile “quid” che susciti la commozione del pubblico, che all’accendersi delle luci faccia esclamare “bel film!” e che lasci un ricordo “emotivo” anche dopo essersi alzati dalle poltrone blu della sala.

Francesca Rinaldi

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