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Il sesso aggiunto – Recensione

Francesco Antonio Castaldo posa la sua lente d’ingrandimento sul dio che è in ognuno di noi

Regia: Francesco Antonio Castaldo – Cast: Giuseppe Zeno, Valentina D’Agostino, Lino Guanciale – Genere: Drammatico, colore, 120 minuti – Produzione: Italia, 2011 – Distribuzione: Iris Film Distribution – Data di uscita: 29 aprile 2011.

il-sesso-aggiuntoAlan si è perso e sembra non saper più tornare. Alan ha perso la fiducia nel futuro, la fede in se stesso, alan “ha perso l’amore, la perla più rara, e ha in bocca un dolore, la perla più scura”, direbbe Fabrizio De André. Alan è un tossicodipendente, che vive i suoi 30 anni circa con affanno e disperazione, sorretto da una madre incapace di non amarlo e costretta alla sofferenza e sostenuto-danneggiato dall’eroina. E’ lei che guida le sue giornate, è lei che decide il suo status mentale, è lei che lo porta a rivoluzionare il proprio sé, a calpestarlo, a dimenticarlo. Ma non del tutto.

Come ha fatto notare Giuseppe Zeno, interprete del protagonista del dramma, “se non fosse stato un tossicodipedente Alan sarebbe stato un poeta”. Ed è proprio la sua fertilità interiore, la sua capacità, ancora, di emozionarsi intimamente, di provare nostalgia per sé, per un passato schiacciato e un futuro mai nato, che guida Alan in un tortuoso cammino di auto-psicanalisi e di fuga dall’abuso di eroina.

Con Alan comprendiamo da vicino, quasi tocchiamo la tragedia del conflitto continuo tra l’uomo e il tossico, tra l’uomo e la dipendenza. E in generale il film infatti lascia molto da riflettere su ogni tipo di schiavitù a cui il singolo, con facilità, cede e soggiace. Ma quella del protagonista de “Il sesso aggiunto” è una ‘prigionia’ diversa, ritmata da momenti di angoscia, di penitenza fisica e veri e proprio orgasmi mentali. E’ questa la ròta, come ci spiega Paco Reconti che nel film veste i panni di Gianni, cinquantenne ormai da troppi anni sottomesso all’eroina; è la consapevolezza di aver toccato il punto più alto, di aver provato l’unico orgasmo senza paragoni, di essere stato felice. Ecco il ‘sesso aggiunto’, e, dietro l’angolo, l’assuefazione, la dipendenza.

Guardando Alan, Gianni, Laura, l’attuale ragazza, peraltro giovanissima, del protagonista (rappresentata da Valentina D’Agostino) si ha la sensazione di sentire in continuazione le parole di una vecchia canzone dedicata all’eroina, composta da Franco Battiato e interpretata da Alice, “Per Elisa”: “Per Elisa non sai più distinguere che giorno è, e poi non è nemmeno bella” [..] “riesce solo a farti male. Vivere vivere vivere non è più vivere, lei ti ha plagiato, ti ha preso anche la dignità”.

E in effetti a condurre per mano Alan verso una difficile riacquisizione di sé è anche la consapevolezza di aver perso la propria, di dignità: quando urla alla madre, quando sente la pressione dell’allontanamento forzato dal padre, quando spinto dal bi-sogno di eroina dimentica la promessa all’amico tossicodipendente in ospedale, ormai morente, e finisce la roba, spietatamente, senza condividere con lui proprio ciò che li univa e li stava distruggendo insieme. Questo, le immagini del fratello piccolo che come lui un tempo coltivava il sogno di diventare calciatore, la presenza della sorella e della nipote, “il suo gioiello”, accompagnano Alan a ricordare il proprio “dio”, direbbe il regista Francesco Antonio Castaldo, che altri non è che l’anima, o meglio l’amore, il proprio amore.

Bella la fotografia, sublime la colonna sonora firmata dal maestro Nicola Piovani che veicolano ancor meglio questo film sull’amore, sull’uomo, sui suoi limiti e sulla speranza, racchiusa in ognuno di noi, di superarli.

Dalila Lensi

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