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Il Rito – Recensione

Un film che non convince, ci regala l’ennesima pellicola che ricalca i fatti de “L’esorcista”, dipingendo la città del Vaticano come iper-tecnologica

(The Rite) Regia: Mikael Hafström – Cast: Anthony Hopkins, Colin O’Donoghue, Ciarán Hinds, Toby Jones, Alice Braga – Genere: Thriller, colore, 114 minuti – Produzione:  USA, 2011 – Distribuzione: Warner Bros Italia – Data di uscita: 11 marzo 2011.

il-ritoIl regista svedese Mikael Håfström ci racconta una storia che, come inevitabilmente accade in film del genere, dovrebbe essere tratta, a loro dire, da una storia vera.

Il giovane Michael Kovak, che aiutando il padre nell’impresa funebre di famiglia è quotidianamente a contatto con la morte, decide di fuggire da quella vita e per avere un’educazione gratuita: decide di entrare in seminario, anche se non possiede una vera e propria vocazione. La fede, non proprio saldissima, sembra abbandonarlo proprio alla vigilia della sua ordinazione a sacerdote. Scrive un’e-mail di dimissioni, ma poco prima di spingere il fatidico tasto ‘invia’ viene scosso dalla richiesta di benedizione di una ragazza, morente dopo un incidente stradale. E’ a questo punto che Michael riceve una proposta: partecipare a un corso di esorcismo a Roma nell’ambito di un nuovo programma del Vaticano. Michael accetta, forse più per la prospettiva di passare due mesi nella città eterna che per vera convinzione. L’approccio non è dei migliori: Michael non crede agli esorcismi. Padre Xavier, il direttore del corso, lo indirizza allora all’esperto sul campo, Padre Lucas. E qui, con Padre Lucas, Michael comincia a dover rivedere le proprie convinzioni… anche perché altrimenti il film non sarebbe andato avanti.

Iniziamo dalla prima domanda che inevitabilmente ci si deve porre avvicinandosi ad un film come “Il Rito”. C’era veramente bisogno di un’altra pellicola che parlasse di possessione, maligno, lotta contro il demone ed inevitabile esorcismo finale? La risposta secondo noi è secca: no!

Non basta la presenza di un bravo Anthony Hopkins, esorcista e protagonista del film, che dovrebbe essere la vera molla che convince uno spettatore ad alzarsi dalla poltrona di casa per andare al cinema.

La sceneggiatura che tenta, con scarso successo, di inquadrare il tema della possessione in chiave ultramoderna con il corso di formazione antidemoniaco in Vaticano che utilizza filmati e supporti ipertecnologici, distrugge inevitabilmente ogni possibile pathos dal seppur vago sapore demoniaco.

Le stesse sequenze dell’esorcismo sono, a nostro avviso, delle lontanissime imitazioni, che scadono purtroppo nel grottesco, di quelle viste ne “L’esorcista”.

Resta sicuramente apprezzabile il modo in cui viene descritta Roma perché si poteva cadere nella tentazione di dipingere la Capitale come una bellissima cartolina, spesso usata in pellicole ambientate intorno al Tevere. Forse si esagera nella descrizione caotica della Città Eterna (anche se non si è poi così lontani dalla realtà), ma è tutto teso alla contrapposizione con la calma ‘serafica’ della Città del Vaticano.

La fine del film, con la scontatissima ed interminabile sorpresa finale non riesce a destare lo sventurato spettatore dal grigiore di una pellicola che poteva essere molto di più di quello che alla fine si rivela.

Sonia Serafini

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