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Il principe del deserto – Recensione

“Il principe del deserto”: la pellicola di Annaud non decolla, rimanendo impigliata tra fiaba e apparenza visiva

(Black Gold) Regia: Jean-Jacques Annaud – Cast: Antonio Banderas, Mark Strong, Freida Pinto, Tahar Rahim, Riz Ahmed, Liya Kebede, Corey Johnson, Eriq Ebouaney, Jan Uddin, Akin Gazi – Genere: Drammatico, colore, 130 minuti – Produzione: Francia, 2011 – Distribuzione: Eagle Pictures – Data di uscita: 23 dicembre 2011.

ilprincipedeldesertoJean-Jacques Annaud torna dietro alla macchina da presa a cinque anni da “Sa Majesté Minor”, pellicola inedita sugli schermi italiani, con un racconto che sulla carta appare epico e grandioso. Peccato che il grande regista francese, che ha incantato le platee di tutto il mondo con lo stupefacente “L’orso”, stavolta deluda, e non poco.

Nonostante la regia impeccabile e i paesaggi da ‘Mille e una notte’, “Il Principe del deserto” rimane costantemente in procinto di spiccare il volo senza purtroppo riuscire mai a decollare. Il tentativo di rinverdire i fasti del genere epico-avventuroso si limita ad una lettura superficiale delle vicende dei protagonisti, quasi decontestualizzata dalle grandi modifiche sociali in atto nell’ambiente li racchiude.

Siamo agli inizi del Novecento, quando gli emiri arabi scoprono di dormire su una miniera d’oro, il petrolio, o ‘oro nero’ come verrà chiamato in seguito. I contrasti ideologici tra due emiri, Amir e Nassib, su come gestire quest’immane ricchezza, sarebbe lo spunto perfetto per una disamina socio-culturale sulla moralità asservita al denaro, e su come il controllo dei giacimenti abbia cambiato nel profondo la società araba, rendendola il contenitore di contraddizioni non ancora risolte che è oggigiorno.

Peccato che Annaud sia rimasto sospeso tra fiaba e apparenza visiva, senza mai andare oltre, impedendo al film di conquistare quello spessore che avrebbe potuto avere.

Banderas e Strong non pervenuti.

Daniele Battistoni

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