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Il pretore – Recensione

Dal romanzo di Piero Chiara una pellicola indecisa tra farsa e dramma

Regia: Giulio Base – Cast: Francesco Pannofino, Sarah Maestri, Mattia Zaccaro Garau, Eliana Miglio – Genere: Commedia, colore, 90 minuti – Produzione: Italia, 2014 – Distribuzione: Mediaplex – Data di uscita: 3 aprile 2014.

il-pretoreAugusto Vanghetta (Francesco Pannofino), pretore di una piccola provincia sul Lago Maggiore, è sposato con la giovane Evelina (Sarah Maestri), ma da sette anni il loro matrimonio si è ridotto ad essere una formalità. Mentre Evelina si spegne ogni giorno di più, il Vanghetta coltiva le sue due grandi passioni: le donne e il teatro. Per avere più tempo da dedicare ai suoi amati passatempi, Vanghetta assume in Pretura un giovane avvocato, che porterà nella sua vita e in quella della moglie delle grandi novità.

Giulio Base porta sul grande schermo il romanzo di Piero Chiara, uno dei più grandi scrittori del XX secolo, “Il pretore di Cuvio”. La vicenda, nonostante sia ambientata in una cittadina di provincia negli anni Trenta, ha il pregio di essere universale e attuale. La riflessione sulle debolezze umane, unitamente alle tematiche di prevaricazione, abuso di potere e mercificazione della donna, non possono non far pensare, infatti, a situazioni diffuse anche nella nostra odierna società. Base cerca di trasmettere tutto ciò camminando su un instabile filo che oscilla tra dramma e commedia, con il risultato di toccare entrambe però in maniera molto superficiale.

A Francesco Pannofino il regista ha affidato l’oneroso compito di riempire ogni scena di questo film, spremendolo al massimo delle sue capacità. Conseguenza di ciò è un Pannofino caricatura di se stesso, forzato nella continua esibizione di ammiccamenti e smorfie che rendono il personaggio poco credibile e soprattutto meno squallidamente divertente di quanto sarebbe potuto essere. Fortunatamente la sua controparte, Mattia Zaccaro Garau, che ben rende l’interessante evoluzione del suo personaggio, riesce a dosare in maniera elegante la presenza ossessiva di Pannofino, interpretando un giovane avvocato che dapprima integerrimo riesce poi a cavalcare l’onda di colpevolezza che investe tutti i personaggi.

La scelta di girare alcune scene di passione in maniera più cruda di altre, risultato d’improvvise e inspiegabili sterzate di registro, confonde lo spettatore, trascinato all’interno di una storia che, come il suo protagonista, perde via via vigore.

Degna di nota è invece la fotografia di Fabio Zamarion, la cui mano conferisce un tocco d’autore a questo melò all’italiana dalle grandi (vane) speranze.

Niente di nuovo sotto il sole dunque, solo una debole pellicola della cui visione si può, senza troppa fatica, privarsi.

Miriam Reale

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