Eco Del Cinema

Il paradiso degli orchi – Recensione

Tratto da “Il paradiso degli orchi” di Daniel Pennac, la pellicola di Nicolas Bary mescola con perizia il giallo ai toni della fiaba

(Au bonheur des ogres) Regia: Nicolas Bary – Cast: Bérénice Bejo, Emir Kusturica, Ludovic Berthillot, Raphaël Personnaz, Dean Constantin Gaigani – Genere: Drammatico, colore, 90 minuti – Produzione: Francia, 2013 – Distribuzione: Koch Media – Data di uscita: 14 novembre 2013.

paradisoorchiIl regista Nicolas Bary si affida a un’opera letteraria d’eccezione per dare vita alla pellicola “Il paradiso degli orchi”, ovvero il primo omonimo libro di Daniel Pennac sul personaggio del signor  Malaussène. Confrontarsi con uno scrittore così famoso e con un ciclo talmente riuscito, poteva rappresentare una sfida ardua per il regista francese, che riesce però a far sua la storia e a rendere, sul grande schermo, la leggerezza e la fantasia propri dello stile di Pennac.

Benjamin Malaussène ha una famiglia numerosa: un fratellino piccolo con problemi di udito, uno un po’ indisciplinato, amante degli esplosivi, una sorella che legge le carte e un’altra molto protettiva, in dolce attesa. Per badare a questo inconsueto e buffo nucleo familiare, Benjamin è capro espiatorio di professione al centro commerciale “Au bonheur des parisien”: ogni volta che qualcuno riporta indietro un oggetto difettoso, l’Ufficio Reclami lo manda a chiamare per subire una sfuriata e impietosire il cliente, così da non fargli sporgere denuncia. Il lavoro prosegue tra lavate di capo e isterismi, finché una serie di misteriosi incidenti lo vedranno, suo malgrado, coinvolto e lo spingeranno ad indagare.

Il film riesce ad incollare lo spettatore alla sedia, come se si trattasse di un vero e proprio giallo, ma sa stemperare il dramma di fondo della vicenda con leggerezza e ironia. Il mondo di Malaussène è colorato, pieno di immaginazione e anche di ingenuità; la sua visione delle cose è totalmente disincantata, ma ai suoi fratelli questo basta. Le scene in cui Benjamin riunisce tutti prima di andare a dormire per raccontare versioni alterate ed edulcorate della sua giornata, a mo’ di favola, sono tenere e ben costruite, adatte a veicolare il senso di unione di un nucleo familiare un po’ sgangherato.

La scelta dei colori, dei costumi, delle musiche all’interno del centro commerciale riesce a trasmettere l’immagine di un microcosmo che vorrebbe essere perfetto, un macchina ben oliata all’insegna del profitto, tutta pubblicità e sorrisi, che nasconde però al suo interno un passato tenebroso e marcio. L’indagine di Benjamin, interpretato da un ottimo Raphaël Personnaz, viene condotta con ironia e questo stempera l’umore grigio che aleggia sui grandi magazzini. Anche il personaggio della “Zia Giulia”, affidato alla splendida  Bérénice Bejo, risulta colorato e gioioso, per cui adatto ad affiancare il protagonista e ad entrare di diritto nella schiera dei personaggi quasi favolistici della vicenda.

Emir Kusturica interpreta invece l’unico, forse, ruolo cupo della storia: Stojil, custode del centro commerciale da 34 anni, ma custode anche dei terribili segreti che si sono consumati lì nel tempo. Il peso di questi misteri lo schiaccia e lo fa apparire un uomo arreso alla vita.

Tutto nella pellicola di Nicolas Bary serve a creare questo contrasto tra la pesantezza e la leggerezza, anche lo stile registico in grado di ricalcare la situazione di volta in volta: quando si tratta di parlare di Benjamin e della sua famiglia, le immagini si susseguono veloci, caotiche; quando invece lo spettatore si cala, con un flashback, nel passato, la scena assume un colore seppia più monotono e il ritmo rallenta.

C’è da dire che “Il paradiso degli orchi” risulta vincente grazie soprattutto all’ironia sottile e pulita che è propria della tradizione della commedia francese, di cui sono stati offerti diversi assaggi negli ultimi anni. Di sicuro poi, il fatto di essersi potuto appoggiare su un testo di base come il libro di Pennac ha giovato di certo alla buona riuscita dell’operazione.

Irene Armaro

Il paradiso degli orchi – Recensione

Articoli correlati

Condividi