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Il mondo fino in fondo – Recensione

Presentato nela sezione “Alice nella città” al Festival del Film di Roma 2013, “il Mondo fino in fondo” di Alessandro Lunardelli conquista il pubblico

Regista: Alessandro Lunardelli – Cast: Filippo Scicchitano, Luca Marinelli, Barbora Bobulova, Camilla Filippi, Alfredo Castro – Genere: Commedia, colore, 95 minuti – Produzione: Italia, 2013.

Il Mondo Fino In Fondo“Il mondo fino in fondo” taglia trasversalmente vari generi: il dramma familiare, la commedia e il road-movie. Sullo sfondo, due dimensioni diametralmente opposte: la plumbea e opprimente provincia industriale del nord Italia, e le distese ariose e sconfinate della Patagonia nel Cile della lotta in difesa dell’ambiente, contro le multinazionali che impiantano miniere di estrazione di metalli, sversando sostanze inquinanti nocive per la popolazione.

I due poli del conflitto drammatico che attraversa tutto il film, dall’Italia al Cile, sono due fratelli apparentemente molto diversi tra loro, splendidamente resi dall’ottima interpretazione di Luca Marinelli e Filippo Scicchitano, giovani e talentuosi attori ormai protagonisti del miglior cinema italiano.

“Il mondo fino in fondo” è un fulgido esempio di cinema italiano sprovincializzato; non è un caso che i successi più recenti siano spesso opera di registi al loro esordio (Alessandro Lunardelli è qui al suo primo lungometraggio, così come Matteo Oleotto, regista di “Zoran, il mio nipote scemo”) e si svolgano su territori di frontiera (qui troviamo il dualismo Italia/Patagonia, in “Zoran” invece ci muoviamo sulla linea di confine carsica Italia/Slovenia), partendo dal cuore della provincia italiana, di cui viene colto il sottotesto pulsante senza cedere al macchiettismo e alla rappresentazione oleografica che invece caratterizza certa stanca commedia italiana. Una provincia emarginata e dimenticata, presente solo nei fatti di cronaca, eppure così strisciante e pregnante al fine della definizione di un’identità sempre parziale.

La frontiera diventa il luogo in cui si scatenano le tensioni di un rapporto fraterno irrisolto, non senza qualche sbavatura patetica. La tenuta narrativa mostra infatti segni di debolezza nell’esasperazione dei sentimenti che i personaggi “si sbattono in faccia”, secondo quello che è un cliché del dramma familiare. Tuttavia numerosi sono i momenti riusciti, grazie ad una sceneggiatura puntuale venata di ironia, perfettamente integrata all’interno in un road movie che, inserendosi nel solco della migliore tradizione del genere, è prima di tutto un viaggio alla ricerca di se stessi, un orizzonte aperto sulla “possibilità di nutrirsi di grandi illusioni e aspirare a grandi imprese”, come afferma il regista.

Piera Boccacciaro

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