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Il Mi$$ionario – Recensione

Una commedia degli equivoci sulla fede e la chiesa, per ricordare allo spettatore il valore della fede come collante e non come fattore di discriminazione

(Le missionnaire) Regia: Roger Delattre – Cast: Jean-Marie Bigard, David Strajmayster, Jean Dell, Michel Chesneau, Jean-Gilles Barbier, Philippe Faure, Sidney Wernicke, Francois Siener, Thiam Aïssatou – Genere: Commedia, colore, 90 minuti – Produzione: Francia, 2009 – Distribuzione: Eagle Pictures – Data di uscita: 19 febbraio 2010.

ilmissionarioPer chi pensa che il popolo francese sia noioso, altolocato e fastidiosamente snob, cambierà idea di fronte alla nuova pellicola di Roger Delattre, prodotta da Luc Besson, “Il Missionario”. Gli attori protagonisti Jean-Marie Bigard e David Strajmayster, poco noti in Italia (per non dire sconosciuti), in realtà sono due veri talenti della commedia francese. Una coppia alquanto insolita che ricorda molto la rozzezza di De Niro e l’atteggiamento tra il tontolone e lo sciocco di Ben Stiller in “Ti presento i miei”.

Ovviamente la sceneggiatura è di tutt’altro genere: dopo sette anni passati in prigione, Mario è libero, ma deve ancora fare i conti con la malavita che lo aspetta alla soglia. Per liberarsene chiede aiuto al fratello Patrick, un prete alquanto nevrotico, il quale gli suggerisce di raggiungere Padre Etienne, in un paesino dell’Ardèche, al sud della Francia e prendere i panni di un seminarista. Al suo arrivo però, Mario scopre che Padre Etienne è morto e tutto il paese lo scambia per il nuovo parroco.

Da qui iniziano le varie peripezie con gag divertenti e sottili malintesi fino a giungere all’inevitabile lieto fine. Da un lato l’ormai ex-malvivente riuscirà a redimersi e ad essere apprezzato per la sua bontà d’animo, dall’altro il vero prete, dopo aver ceduto a tutte le tentazioni possibili e immaginabili, ritroverà la retta via e l’ammirazione per il fratello.

Una pellicola molto leggera, ma che riesce comunque a toccare temi profondi, facendo trasparire un messaggio molto nobile: la religione non dovrebbe dividere, piuttosto unire; non importa l’origine, la cultura o la fede, ciò che importa è vivere seguendo il proprio cuore, mettendo da parte l’orgoglio e cercando di apprezzare sempre l’altro per quello che è. Un piccolo smacco, forse, anche nei confronti della Chiesa Cattolica, da sempre ritenuta troppo rigida e chiusa nella sua cerchia gerarchica di regole e precetti, che molto spesso allontana piuttosto che avvicinare le varie comunità cristiane alla fede.

Silvia Caputi

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