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Il maestro e la pietra magica – Recensione

Un fantasy a metà tra il serio e il faceto, prodotto dalla Walt Disney, destinato a lasciare perplessi gli spettatori

(Kniga Masterov) Regia: Vadim Sokolovsky – Cast: Liya Akhedzhakova, Mariya Andreeva, Irina Apeksimova, Olga Aroseva, Dmitriy Demyanenko, Mikhail Efremov, Valentin Gaft, Igor Korovin, Leonid Kuravlyov, Yuriy Kutsenko, Aleksandr Lenkov, Maksim Loktionov, Anna Semenovich, Artur Smolyaninov – Genere: Ragazzi, colore, 101 minuti – Produzione: Russia, 2009 – Distribuzione: Walt Disney – Data di uscita: 23 luglio 2010.

il-maestro-e-la-pietra-magicaVi ricordate la nostrana serie tv “Fantaghirò” interpretata da un’Alessandra Martines ai suoi primi passi nel mondo del cinema e da un giovanissimo (ma già affascinante) Kim Rossi Stuart? Immaginatene una trasposizione in chiave “russa” con lo slavato e sbarbato “intagliatore di pietre” Ivan al posto dell’intrigante Romualdo, condita di abiti tradizionali “stile matrioska” e bottiglie di vodka scolate da rammolliti contadini in veste di “cosacchi”, ed avrete un’idea dell’ultima proposta lanciata da casa Disney.

“Il maestro la pietra magica”, primo film concepito dalla filiale russa di Topolinia, porta sul grande schermo una celebre favola della tradizione moscovita. Una storia rispettosa di tutti i requisiti tipici delle fiabe “old style”: la strega cattiva dal cuore di pietra, munita dell’immancabile specchio magico, che aspira a diventare la regina del mondo, la sua incantevole “figliastra” dall’animo buono e tenero, il giovane intrepido che si innamora di lei e pur di averla non esita ad affrontare un esercito di spietati cavalieri neri, superando ogni genere di peripezia.

Ma a questo “sfondo fiabesco” che potrebbe far pensare alla cara Disney dei vecchi tempi, si mescola un tono caricaturale, un’ironia giocata sugli aspetti assurdi ed irreali delle favole parodiati o estremizzati fino al ridicolo: dalla “sdolcinatezza” dell’amore tra i due protagonisti, che culmina in un bacio incorniciato da una corona di fiori a forma di cuore, al crudele “egocentrismo” della strega che trascorre le sue giornate nel castello facendosi limare le unghie e cospargere il viso di maschere all’argilla.

Un tono che “stona” in un fantasy per ragazzi che non si riesce ad inquadrare né sotto la categoria del classico cartone animato, né tra gli esperimenti di parodia-rivisitazione di questo genere, stile “Shrek”.

Il risultato: non si capisce quando l’ironia sia voluta e quando invece il film diventi involontariamente la parodia di sé stesso, come nel caso del “banalissimo” insegnamento di vita “nessuno può sfuggire al proprio destino”, ossessivamente ripetuto come nobile principio morale. A potenziare quest’ “auto-comicità” della pellicola, l’interpretazione quantomeno “casareccia” degli attori (che in alcune inquadrature lasciano pensare alle espressioni stereotipate da “foto-romanzo”) e l’utilizzo di effetti visivi che sarebbe un insulto alle moderne tecnologie definire come “sp-efx” (basti pensare alla colorazione tipo “arcobaleno psichedelico” della famigerata pietra Alatyr).

Insomma ha le sue buone ragioni l’eccentrica vecchietta, narratrice della storia, a preoccuparsi che il pubblico non aspetti i titoli di coda per abbandonare la sala… o semmai vi rimanga solo per il refrigerio dell’aria condizionata!

Francesca Rinaldi

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