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Il futuro – Recensione

Il futuro: terzo film di Alicia Scherson, opera complessa e non del tutto riuscita, nonostante la splendida fotografia e l’ottima interpretazione

Regia: Alicia Scherson – Cast: Manuela Martelli, Nicolas Vaporidis, Luigi Ciardo, Alessandro Giallocosta, Pino Calabrese, Rutger Hauer – Genere: Drammatico, colore, 90 minuti – Paese: Italia, Cile, Germania, Spagna, 2013 – Distribuzione: Movimento Film – Data di uscita: 19 settembre 2013.

il-futuroBianca e Tomas, due adolescenti cileni immigrati a Roma, rimangono improvvisamente orfani in seguito ad un incidente stradale. Senza più la guida dei genitori ben presto vengono iniziati al mondo della criminalità da due piccoli delinquenti di periferia conosciuti in palestra

Primo film, tratto da un romanzo di Roberto Bolaño, “Il futuro” è un’opera complessa dalle mille possibili interpretazioni. Se dai titoli di testa si è indotti a pensare che si tratti di un film in cui viene omaggiato il genere noir, già dalle prime scene ci si accorge che in realtà è una vera e propria storia di formazione.

Ben presto infatti Bianca e Tomas si ritrovano in balìa degli eventi, smarriti e spaventati di fronte a quel futuro che sembra così ostile. Come succede ad ogni giovane quando vive quell’età in cui è lontano il tempo della spensieratezza e dei giochi, ma in cui ancora non si è entrati di diritto nel mondo degli adulti, i due vengono colpiti da una profonda crisi esistenziale e, sconfortati dalla mancanza di prospettive, soprattutto lavorative, decidono di intraprendere la strada più facile e anche quella più sbagliata, che però servirà ad entrambi ad arrivare a conoscere sè stessi.

Il terzo lungometraggio della Scherson può essere poi anche interpretato come un racconto sulla solitudine e sull’emarginazione di chi abita in un paese straniero. A volte infatti, in momenti di difficoltà, non sempre si sa a chi rivolgersi ed è proprio in quei momenti che ci si ritrova a dover contare solo sulle proprie forze per potere riemergere dall’abisso in cui le circostanze lo hanno fatto precipitare.

Alicia Scherson, regista cilena classe 1974, grande ammiratrice dell’autore del romanzo da cui è tratta la pellicola, ha deciso di mantenersi quanto più fedele possibile al testo originale, con risultati non del tutto convincenti. Nel romanzo la narrazione degli eventi viene affidata alla voce di Bianca, in uno stile che ricorda da vicino lo ‘stream of consciousness’ tanto caro a Virginia Woolf e James Joyce, lo stesso avviene quindi nella pellicola ma sfortunatamente questa tecnica, applicata ad un film trasforma i monologhi della protagonista in un lunghissime sequenze durante le quali lo spettatore tende a distrarsi, non riuscendo così ad afferrare e quindi ad apprezzare i contenuti fino in fondo.

Nonostante le interpretazioni magnetiche ed evocative dell’intero cast, in primis quella della protagonista Manuela Martelli che ricorda la Lisbeth Salander di Noomi Rapace, del giovanissimo Luigi Ciardo, la fotografia meravigliosa che rende Roma un luogo quasi fantastico sospeso nel tempo e nello spazio, la pellicola nel suo complesso ha però la grave pecca di non riuscir a far entrare in empatia il pubblico con le vicende narrate, non riuscendo quindi nell’intento di emozionarlo.

Mirta Barisi

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