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Il cigno nero – Recensione

Con “Il cigno nero” di Darren Aronofsky, una grande Natalie Portman racconta il lato oscuro di ogni essere umano

(Black Swan) Regia: Darren Aronofsky – Cast: Mila Kunis, Natalie Portman, Vincent Cassel, Christopher Gartin, Winona Ryder, Sebastian Stan – Genere: Thriller, colore, 110 minuti – Produzione: USA, 2010 – Data di uscita: 18 febbraio 2011.

Ognuno di ncignonerooi ha un lato oscuro. Molti ne sono consapevoli e imparano a conviverci, altri, invece, devono lottare duramente per farlo emergere, ma è una lotta con un duro prezzo da pagare.

“Il cigno nero” rappresenta il lato oscuro della bella e fragile Nina (una strepitosa Natalie Portman), una delle più brave ballerine del New York City Ballet che viene scelta dal direttore artistico Thomas (Vincent Cassel) come protagonista per “Il lago dei cigni”. Perfetta nei panni del delicato Cigno Bianco, Nina ha serie difficoltà ad interpretare l’alter ego, il Cigno Nero. A rendere le cose insostenibili contribuisce una nuova ballerina, Lily (Mila Kunis), la concorrenza, con cui Nina intreccia un rapporto contorto. La sua integrità mentale, provata da anni di sacrifici e da un rapporto simbiotico e adolescenziale con la madre, viene messa duramente alla prova da questo enorme impegno che la porta a scavare fin troppo in se stessa, fino a perdersi, alla ricerca del suo io più ‘nero’ possibile.

Con “Il cigno nero” Darren Aronofsky torna alla regia dopo il successo di “The Wrestler” del 2008, e non si allontana troppo dalla pellicola che ha risvegliato Mickey Rourke. Entrambi i film parlano di corpi portati all’estremo delle forze, di anime in pena, di solitudini.

Alla forza di una sceneggiatura ben scritta, si unisce quella di una straordinaria interpretazione: Natalie Portman è semplicemente perfetta. Certo, per mostrare tutto questo sullo schermo, ha affrontato una preparazione fisica e psicologica rigorosissima. Ha cominciato ad allenarsi intensamente per cinque ore al giorno, ogni giorno, per dieci mesi prima dell’inizio delle riprese e molto l’ha aiutata il suo passato da ballerina. Il risultato è stupefacente, lo spettatore viene catapultato dentro la psiche incrinata della protagonista che, perdendosi, raggiunge la perfezione in un finale da apnea. C’è odore di Oscar.

Domenica Quartuccio

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