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Grandi Speranze – Recensione

Dal romanzo al cinema, secondo adattamento di una delle opere più popolari di Dickens

(Great Expectations) Regia: Mike Newell – Cast: Ralph Fiennes, Helena Bonham Carter, Jason Flemyng, Robbie Coltrene, Holliday Grainger – Genere: Drammatico, colore, 128 minuti – Produzione: Gran Bretagna, 2012 – Distribuzione: Videa – CDE – Data di uscita: 6 dicembre 2012.

grandisperanze“Grandi Speranze” è la trasposizione cinematografica del romanzo di fine Ottocento firmato Charles Dickens. E’ la storia dell’orfano Pip, (Jeremy Irvine) un bambino di 10 anni proveniente da una famiglia della classe operaia che trascorre i giorni della sua vita quasi tutti uguali in compagnia della sorella maggiore e il marito. Un giorno il protagonista viene avvicinato da un detenuto evaso di prigione di nome Abel Magwitch (Ralph Fiennes) che, nascosto tra i campi, gli chiede del cibo e una lima per liberarsi dalle catene che lo tengono legato. Spaventato Pip obbedisce, ma poco dopo il fuggitivo viene arrestato e rigettato in cella.

Un anno dopo, Pip si ritrova a frequentare la casa dell’eccentrica Miss Havisham (Helena Bonham Carter), una donna che vive rinchiusa da anni, dal giorno del matrimonio fallito, rifiutandosi di vedere la luce del sole. Il ragazzino diventa il compagno di giochi di Estella, la bellissima figlia adottiva della signora. Pip diventando così un habituè di quella casa finisce per innamorarsi della ragazza e spera un giorno di diventare un gentiluomo per riuscire a conquistarla. Dieci anni dopo, mentre conduce il suo lavoro di fabbro al fianco del marito della sorella, Pip, viene a sapere con grande sorpresa di aver ricevuto un’ingente fortuna da un anonimo benefattore, e così abbandona la sua umile vita e si reca a Londra dove riceverà l’educazione che ha sempre sognato.

Dopo la versione del 1946 diretta da David Lean e vari adattamenti televisivi del romanzo, Mike Newell sfodera un’ ulteriore versione dell’opera inglese in occasione del bicentenario della nascita del grande scrittore. In “Grandi Speranze” ritroviamo tutte le tematiche trattate dall’autore britannico: il bene contro il male, la redenzione dal peccato, l’abbandono, il cinismo, la vergogna, l’ambizione, la gratitudine, la manipolazione del vero amore, lo snobismo delle classi più abbienti. Queste tematiche sono stata affidate e sviluppate da interessanti personaggi come Pip, incarnazione del giovane desideroso di imparare, istruirsi e migliorarsi; Miss Havisham abbandonata a se stessa e dal marito, che conduce il resto della sua vita estraniandosi dal mondo esterno e vendicandosi a suo modo dell’uomo che l’ha lasciata. La sposa delusa infatti educa la sua pupilla Estella ad essere fredda, spietata e distaccata con il genere maschile. La grande riconoscenza del benefattore-galeotto che restituisce ampiamente al ragazzo il favore ricevuto in passato.

Sebbene ci siano le premesse per la realizzazione di un film capolavoro, nella versione proposta da Newell saltano subito all’occhio alcuni punti deboli. Il primo da segnalare è la mancanza di un approfondimento degli interessanti profili dickensiani. Tutte le figure del romanzo avrebbero potuto avere maggior spessore dal punto di vista psicologico. Il secondo, collegato con il primo, è di sicuro una sceneggiatura poco efficace. La riuscita di una storia di un qualsiasi film sta nell’abilità dello sceneggiatore, se viene a mancare questa componente, diventa difficoltoso fare un buon film. Il terzo punto, è la poca dinamicità della cinepresa, ad eccezione delle riprese nei paesaggi rurali. Il resto delle inquadrature enfatizzano un ambiente posticcio, piatto e artificiale. Le case che si intravedono sullo sfondo in quella Londra Vittoriana trasmettono un’idea di bidimensionalità ricordando forse di più lo scenario fisso di una rappresentazione teatrale. Non si sa se questa soluzione sia stato ricercata appositamente dal regista, ma di fatto l’effetto non è dei migliori.

Una delle note positive è la scelta del cast tutto inglese composto da attori del calibro di Bonham Carter, perfetta per impersonificare ruoli di donne grottesche e travagliate, Fiennes il malvivente dallo sguardo lugubre e misterioso, e il giovane Jeremy Irvine già lanciato da Spileberg in “War Horse” nel 2010.

Il parere che si ha di questo film è quello di possedere del potenziale superficialmente sviluppato. A David Nicholls, lo sceneggiatore forse va la responsabilità di un lavoro che non sembra funzionare molto. Un adattamento così potrebbe deludere le “grandi speranze” che si avevano intorno a questo remake.

Giulia Surace

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