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Gli infedeli – Recensione

Spassoso affresco dell’infedeltà maschile quello proposto da Gilles Lellouche e Jean Dujardin, in un film diretto e scritto a più mani

(Les infidèles) Regia: Michel Hazanavicius, Emmanuelle Bercot, Jean Dujardin, Fred Cavaye, Alexandre Courtes, Eric Lartigau, Gilles Lellouche – Cast: Jean Dujardin, Gilles Lellouche, Guillaume Canet, Sandrine Kiberlain, Alexandra Lamy, Isabelle Nanty – Genere: Commedia, colore, 109 minuti – Produzione: Francia, 2012 – Distribuzione: BIM – Data di uscita: 4 maggio 2012.

gliinfedeliConferma il buon momento del cinema francese questo divertissement dell’irresistibile coppia di mascalzoni Jean Dujardin, ancora fresco di Oscar per “The Artist”, e l’amico Gilles Lellouche, sugli schermi nostrani con “Piccole bugie tra amici”, qui impegnati nella triplice ruolo di attori, sceneggiatori e registi dell’episodio finale del film; si perché “Gli Infedeli” è un film ad episodi, come si usava tanto negli anni ’60 e ’70, genere in cui noi italiani eravamo pure bravi, tanto che per loro stessa ammissione, il duo si è ispirato a un capolavoro nostrano del genere: “I Mostri”, di Dino Risi.

Nella pellicola Dujardin e Lellouche declinano al maschile le molteplici facce del tradimento coniugale: come in un campionario di varia umanità, indossano nei vari episodi la maschera di uomini duri o teneri padri di famiglia, di quarantenni incompiuti o di posati professionisti, offrendo una visione assolutamente negativa del maschio traditore, mosso unicamente dall’istinto primordiale per il sesso, privo di qualunque implicazione sentimentale.

I tanti volti dell’infedeltà maschile sono espressi mirabilmente grazie alla mano sapiente di ben sette registi, tra cui spicca Michel Hazanavicius, pluripremiato regista di “The Artist”, e a un azzeccatissimo cast di contorno.

Tra gli attori ci piace ricordare la prova di Alexandra Lamy, coprotagonista assieme a Dujardin dell’episodio “La Domanda”, moglie dell’attore anche nella realtà.

Una nota di merito va data a tre brevissimi ed esilaranti sketch che alleggeriscono la tensione degli episodi più amari; memorabile il personaggio di Thibault, interpretato da un cotonatissimo Guillaume Canet (regista del delizioso “Piccole bugie tra amici”), personaggio che ritorna nell’episodio “Gli infedeli anonimi”, in cui i partecipanti, ciascuno a rappresentare un tipo diverso di tradimento, sono seduti in circolo, affidati alle cure di una terapista donna.

“Il modo per non farsi beccare in flagrante ci sarebbe, basterebbe solo non tradire la propria moglie”, di questa elementare regola sono ben consapevoli tutti i personaggi, che però irrimediabilmente cadono al primo ostacolo: ciascuno di loro appare come singola tessera di un mosaico che ritrae impietosamente un uomo costantemente vittima della propria natura.

Nonostante gli autori e i registi, eccetto una, siano uomini, la pellicola sembra offrire un punto di vista decisamente femminile del maschio inguaribile cacciatore.

A voler proprio trovare un difetto alla pellicola, le donne ci perdonino, forse è proprio il considerare il tradimento un evento per il quale non occorrono cause scatenanti, dimenticando che spesso, la monotonia del menage familiare, il possibile venir meno del desiderio sessuale con la compagna di sempre, o semplicemente l’allontanamento all’interno della coppia spinga il maschio verso altre prede. Probabilmente lo script intende semplicemente mostrare la banalità del tradire, senza indagare troppo in profondità.

Attendiamo con curiosità di vedere se la scatenata coppia Dujardin – Lellouche vorrà proporci un altrettanto impietoso ritratto dell’infedeltà femminile.

Daniele Battistoni

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