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Girls Lost – Recensione

  • Titolo originale:  Pojkarna
  • Regia: Alexandra-Therese Keining
  • Cast: Simon Settergren, Louise Nyvall, Josefin Neldén, Mandus Berg, Tuva Jagell, Emrik Öhlander, Lars Väringer, Alexander Gustavsson, Wilma Holmén, Anette Nääs, Olle Wirenhed, Filip Vester, Vilgot Ostwald Vesterlund
  • Genere: Drammatico
  • Durata: 104 minuti
  • Produzione: Svezia, 2015

“Girls Lost”, un’opera che cerca di esplorare le fragili identità sessuali di tre adolescenti vittime di bullismo

Girls-Lost

Alla sua seconda prova registica Alexandra –Therese Keining racconta la storia di tre ragazzine fragili e disadattate che diventano ragazzi quando bevono il succo di una strana pianta magica. Il risultato è un film confuso in cui l’horror/surreale si confonde a tratti con il racconto, in toni quasi melodrammatici, dei primi turbamenti sessuali.  Quello che viene fuori è un lavoro confuso e ridondante, nonostante l’impegno degli attori.

Si esce confusi dalla proiezione di “Girls Lost” della regista svedese Alexandra –Therese Keining, il cui film è ispirato liberamente all’opera letteraria di Jessica Schiefeuer. La scoperta alla quale giungono Kim, Momo e Bella, tre amiche per la pelle, è quella che vivere da maschiosia in realtà più facile, non immaginando che sarà al tempo stesso preludio della fine della loro amicizia. Kim si distacca sia dalle sue amiche che dalla sua identità femminile mai realmente accettata. L’amore difficile per il piccolo ladruncolo Tony vissuto dal suo alter ego maschile le fa capire chi è veramente. Ma questo è solo l’inizio di una serie d’incroci sentimentali tra lui, intimamente maschio nato donna, e la sua amica Momo che s’innamorerà di lui/lei.

Le ragazze perdute di “Girls Lost” si smarriscono nei meandri di una regia malriuscita, che distorce il messaggio delle intenzioni iniziali

Tutto il film è fatto di passaggi velocissimi tra amori mai sbocciati, complice il fatto che, in fondo, gran parte dei protagonisti non ha le idee chiare sulla propria identità sessuale. “Girls Lost” potrebbe essere un film queer ma non ci riesce a fare il grande salto. La regista resta sempre sulla superficie delle sue tre ragazze Kim/Tuva Jagell, Momo/Louise Nyvall, Bella/Wilma Holmen, che prendono le sembianze dei tre giovani attori Emrik Ohlander, Alexander Gustavsson e Vilgot Ostwald Vesterlund, grazie a un delicato processo di morphing.

Anche l’artifizio del fiore nero, il cui succo trasforma le ragazze risulta in fondo banale, e il film è un gioco di maschere e di alternanze tra uomo/donna, notte/giorno e forza/fragilità. Ma il peggio di tutto questo è che il messaggio che passa, è paradossalmente (e tremendamente) maschilista, facendo trapelare il concetto che per essere vincenti bisogna avere attributi maschili saper fare a botte. “Girls Lost”, nonostante le buone intenzioni, è certamente uno dei film peggio riusciti di una Festa, quella del Cinema di Roma, che non sta brillando affatto per la qualità.

Ivana Faranda

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