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Finding Happiness – Vivere la felicità – Recensione

Un viaggio attraverso la comunità spirituale Ananda in California

(Finding Happiness) Regia: Ted Nicolaou – Cast: Elisabeth Rohm – Genere: Docu-fiction, colore, 90 minuti – Produzione: USA, 2014 – Distribuzione: Bolero – Data di uscita: 20 novembre 2014.

finding-happinessJuliet Palmer, riceve un insolito e non gradito incarico dal capo della rivista per cui lavora, “Profiles”: dovrà visitare una comunità spirituale in California che esiste da cinquant’anni. Durante il suo soggiorno all’Ananda World Brotherhood Village, Juliet intervisterà il suo fondatore Swami Kriyananda e incontrerà le persone che hanno fatto una scelta di vita insolita. Con una certa dose di scetticismo e un pizzico di curiosità, Juliet si lancia in un viaggio professionale e al tempo stesso personale, che le aprirà il cuore e le cambierà la vita.

La storia ha inizio nel 1920 quando il maestro indiano Paramhansa Yogananda arriva negli Stati Uniti. Il suo libro “Autobiografia di uno Yogi” influenza totalmente la vita di quello che diventerà il suo discepolo J. Donald Walters, più tardi conosciuto come Swami Kriyananda. Yogananda ebbe la visione di luoghi dove le persone avrebbero messo in pratica i loro più alti principi, le cosiddette “Comunità di Fratellanza Mondiale”. Nel 1968, Swami Kriyananda fondò la prima di queste colonie nei pressi di Nevada City in California, sulle colline della Sierra Nevada.

Il film entra all’interno della comunità attraverso Juliet, l’unico personaggio di finzione della storia, che si muove nel villaggio con il compito, ridondantemente esplicito, di far conoscere la vita quotidiana delle persone che vi abitano e di intervistare le reali personalità di rilievo al suo interno.

Il personaggio della giornalista è, a dir poco, leggermente tracciato, rimane di sfondo tanto da rendere più che manifesta la volontà promozionale della pellicola, che per essere considerata tale, più che semplice prodotto pubblicitario, avrebbe dovuto tentare di intrecciare maggiormente realtà e finzione.

Nonostante ciò, è interessante conoscere gli ideali che guidano i fondatori delle comunità Ananda (nove nel mondo), basati sul bisogno della meditazione e dello yoga, come strumenti di conoscenza dell’altro e di Dio, e come si possa seguire il motto di cambiare se stessi per vedere cambiare il mondo intorno. La ricerca della felicità tiene uniti e in sintonia i ‘fratelli’ dei villaggi che, attraverso un’organizzazione variegata che va dall’istituzione di scuole alla cura di orti e attività di sostenibilità, vivono pienamente immersi in un mondo di spiritualità.

Tutto ciò che il regista Ted Nicolaou porta sullo schermo attraverso una sceneggiatura basata su un’idea di Swami Kriyananda, è un insieme di immagini prive di ombre ma totalmente ricche di luce, a volte abbagliante, tanto da apparire un ritratto patinato e propagandistico, mentre la scelta di una messa in scena più realistica avrebbe consentito un maggiore impatto sullo spettatore.

Miriam Reale

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