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Faber in Sardegna & l’ultimo concerto di Fabrizio De André – Recensione

Pensieri, fotografie, filmati, parole, musica: questi i protagonisti del documentario che costruisce nell’immaginario dello spettatore un ritratto inedito di De Andrè

Regia: Gianfranco Cabiddu – Cast: Dori Ghezzi, Fabrizio De Andrè, Renzo Piano – Genere: documentario, colore, 58 minuti – Produzione: Italia, 2012 – Distribuzione: Microcinema – Data di uscita: 27 maggio 2015.

faberinsardegnaGianfranco Cabiddu rende omaggio in questo film concerto a uno dei più grandi cantautori italiani di tutti i tempi. Due sono le parti che, nell’annodare passato e presente, disegnano il nuovo profilo del cantautore. Nella prima a parlare sono le persone che hanno conosciuto De Andrè e hanno condiviso con lui esperienze e momenti di vita, nella seconda è la sua musica a prendere direttamente la scena. La doppia anima del film è, dunque, uno specchio che riflette la doppiezza di un cantautore che, a suo dire, si sentiva più contadino che musicista.

Il documentario segue il rapporto speciale del cantautore con una terra amata profondamente: la Sardegna. Il punto d’arrivo dove voleva vivere e diventare vecchio era L’Agnata. Questa zona della Gallura diventa un personaggio che parla di lui così come fanno gli amici e i familiari che lo ricordano nel susseguirsi delle interviste. Dori Ghezzi, compagna di una vita, è la prima a ricordare le emozioni e la condivisione della “follia amata” di costruire una vita in campagna, attorno all’azienda agricola che lo vedrà allevatore e contadino. Il cuore della Gallura ricorda a Fabrizio le valli dell’infanzia tra Savona e Cuneo e questo legame unico, speciale, intriso di poesia sarà vissuto intensamente dalla coppia non soltanto per amore del paesaggio ma anche e, soprattutto, per la profonda affinità avvertita nei confronti della gente: quei sardi, chiusi come i liguri ma con un tesoro dentro. A parlare, infatti, sono anche il parroco, che benedirà la figlia Luvi nata a Tempio Pausania, il custode della tenuta, la governante, il fattore.

Stupisce nelle parole di persone comuni il voler ricordare Fabrizio prima di tutto come un amico; pronto ad affrontare le sfide della vita quotidiana sempre con il sorriso; sfide semplici ma autentiche come il cucinare, coltivare melanzane e peperoni, allevare giovenche. Viene messa a fuoco la figura del cantautore come un sardo tra i sardi. Le immagini d’archivio, le fotografie di famiglia, gli spezzoni di filmati amatoriali, le interviste evocano il passato che rivive nel presente dei concerti unplugged che annualmente vengono organizzati all’Agnata. La musica di De Andrè reinterpretata da amici e parenti lì, dove lui ha vissuto uno dei periodi più felici della sua vita, la fa da padrona nelle ultime scene del documentario. Giovani e adulti seduti sul prato di fronte a L’Agnata condividono momenti indimenticabili accompagnati dalla voce del figlio Cristiano, Ornella Vanoni, Morgan, Teresa De Sio, Lella Costa, Danilo Rea e tanti altri.

“Va già molto bene se riesco a regalarvi qualche emozione”: queste le parole di un Fabrizio che, anche in una situazione come quella del memorabile concerto al Brancaccio di Roma nel 1998, dimostra un’umiltà autentica. Dopo averlo ricordato nelle parole degli altri il regista, nell’ultima parte, decide di lasciare alla viva voce dell’autore il compito di emozionare gli spettatori. A chiudere il documentario è la musica; al fianco del figlio il cantautore crea un’atmosfera unica, di un’intensità travolgente come a voler legare la propria vicenda artistica a quella di Cristiano che, non a caso, si cimenta in assoli di altissimo livello. È un vortice di emozioni che dagli spettatori di allora, in standing ovation alla fine del concerto, arriva immediatamente al pubblico cinematografico, rendendo immortale voce e testi delle sue canzoni.

Maria Paola Argenta

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