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Experimenter – Recensione

  • Regia: Michael Almereyda
    Cast: Taryn Manning, Kellan Lutz, Winona Ryder, Anton Yelchin, Lori Singer, John Leguizamo, Peter Sarsgaard, Dennis Haysbert, Anthony Edwards, Josh Hamilton, Jim Gaffigan, Donnie Keshawarz, Vondie Curtis-Hall, Emily Tremaine, Edoardo Ballerini, Tom Bateman, Ned Eisenberg, Karl Geary, Paul Lazar, Danny A. Abeckaser, Michael Siberry, Frank Harts, Pascal Yen-Pfister, Jicky Schnee, Gameela Wright, Tom Farrell, Katie Kreisler, Adriana Randall
  • Genere: Biografico
  • Durata: 90 minuti

La banalità del male è di scena alla Festa del Cinema di Roma con “Experimenter” di Michael Almereyda

experimenter

Siamo nel 1961 e Milgram, un brillante psicologo americano di origine ebrea a Yale, esplora da vicino la fragilità dell’essere umano, simulando un test in cui persone comuni vengono pagate per fare un esperimento nel ruolo dell’insegnante e devono, dietro l’input di una figura autoritaria, somministrare forti scosse elettriche ad un’altra persona, in questo caso all’allievo, che chiuso in un’altra stanza si ritrova a rispondere in modo sbagliato alle sue domande.

Tutto questo, mentre il ricercatore da dietro uno specchio, nascosto, assiste alle reazioni della sua cavia: in realtà si tratta di un attore e segue un copione già scritto. Il test viene messo in atto con lo scopo di capire fino a che punto si è pronti ad obbedire all’autorità, anche comportando gravi conseguenze per gli altri, con un fondo storico ispirato direttamente ai fatti drammatici dell’Olocausto.

Il racconto di un esperimento sociale sulle dinamiche psicologiche dell’obbedienza.

Possiamo affermare che”Experimenter” di Almereyda presenta nella sua complessità diversi stili registici.
L’intera storia dell’esperimento è raccontata dalla viva voce di Stanley Milgram/Peter Sarsgaard che si muove talvolta dietro scenografie volutamente fittizie e quasi teatrali. Non è così, invece, per la prima parte del film che si mostra più rigorosa e documentaristica e che porta lo spettatore proprio all’interno la piccola sala claustrofobica dell’esperimento.

La regia segue con la camera le reazioni degli esponenti della middle class che, senza neanche saperlo, sono entrati nella storia della psicologia. E, seppure incredibile, la maggior parte di loro non si tira indietro ma continua il gioco fino alla fine, a conferma del potere dell’autorità su di loro. Il punto più alto dell’opera è rappresentata dalla capacità di fa venir fuori prepotentemente la figura anarcoide e rivoluzionaria come quella dello scienziato. Nel momento in cui il protagonista si trova ad affrontare le critiche degli accademici più puri da una parte, e dei moralisti dall’altra, il regista sposta l’attenzione e si concentra sulla sua figura umana e sul suo rapporto con la moglie Sasha.

La terza e ultima parte, infine, mostra come lo stesso Milgram diventi lui stesso uno strumento di quello stesso potere che voleva combattere, vendendo i diritti del suo libro a un orribile produttore televisivo che ne farà una fiction.

C’e tanto del nostro mondo odierno in “Experimenter” che richiama un altro film a lui vicino, come “L’onda” del regista tedesco Dennis Gansel, tratto anch’esso da un vero esperimento psicologico fatto nel 1967.

Tutto il film si regge sulle spalle di Peter Sarsgaard dalla figura fragile e dalla postura curva, e parzialmente su quella di Wimona Rydsr, l’interprete di sua moglie Sasha, imbruttita ad arte e prigioniera in un personaggio piuttosto piatto ed inconsistente. Nel complesso il film Michael Almereyda pur perdendosi un po’ nella lunghezza eccessiva e nell’artifizio di far parlare troppo Milgram al posto delle immagini è un ottimo memorandum per tutti noi sui pericoli del conformismo dominante.

Ivana Faranda

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