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Ember – Il mistero della città di luce – Recensione

Un fantasy educativo che sfiora tematiche ambientaliste e rende simbolico il contrasto tra la luce che ancora illumina la città di Ember e le tenebre in cui potrebbe piombare in futuro

(City of Ember) Regia: Gil Kenan – Cast: Saoirse Ronan, Bill Murray, Tim Robbins, Toby Jones, Mackenzie Crook, B.J. Hogg, Robert Kane, Martin Landau, Simon Kunz, Mary Kay Place – Genere: Avventura, Fantastico, colore, 95 minuti – Produzione: Usa, 2008 – Distribuzione: Eagle Pictures – Data di uscita: 19 Dicembre 2008.

emberilmisterodellacittàdiluce“Ember – Il mistero della città di luce” è la storia di una città che vive al buio da oltre 200 anni, dove non c’è un cielo e l’unica luce è quella data da un immenso generatore che fornisce illuminazioni ad incandescenza sparse lungo la città, che creano una spettrale e inquietante luce giallastra.

Oltre Ember, dicono, non c’è nient’altro che Ember! Ma la luce tende ad affievolirsi sempre di più, anche se nessuno sembra accorgersene, tranne due bambini, Lina Mayfleet e l’amico Doon Harrow, che con l’aiuto di un antica pergamena faranno di tutto per salvare la città dalla totale oscurità. La loro corsa contro il tempo li aiuterà a svelare quell’antico mistero che si racchiude intorno alla fondazione della città, e ad aiutare gli abitanti di Ember a sfuggire dalle tenebre che si stanno chiudendo su di loro.

Tratto dal romanzo per ragazzi “La città di Ember” della scrittrice Jeanne Duprau (pubblicato in Italia dalla Fabbri Editori nel 2003 e da Rizzoli nel 2008), il film è una fiaba ambientalista diretta da Gil Kenan, il regista dell’eccentrico cartone animato vietato ai minori di 8 anni “Monster House”.

La pellicola ci propone una sorta di viaggio catartico per sfuggire alla cecità intellettuale e all’oscurità che annebbia la mente. In una nazione come gli Stati Uniti, dove le politiche ambientaliste non sono “caparbiamente” prese in considerazione, paradossalmente vengono sfornati lavori che ci ricordano l’importanza di certi contenuti.

Reduci dalle futuristiche visioni catastrofiche di “Wall-E”, “Ember – Il mistero della città di luce” ci porta a pensare agli sprechi del genere umano e alla sua completa noncuranza per i problemi che affliggono il pianeta. Viene da chiedersi perché proprio ai cartoons e al fantasy (considerati soprattutto per i notevoli riscontri al box office), venga affidato il compito di far riflettere e in qualche modo educare… E ancora, perché il destino del mondo viene messo nelle mani di un robottino malconcio e di due adolescenti?

Il cinema ancora una volta si interroga su temi che, ora più che mai, fanno parte del nostro tessuto sociale. Ci pone, in maniera cruda, di fronte alle prospettive più tetre, le cui cause sono solo ed esclusivamente frutto delle nostre nefandezze. I due protagonisti inseguono una chimera, quella luce alla quale vogliono tornare; ancora di salvezza dai nostri errori.

Il fantasy, nella sua irrealtà, rende ancora più vicini, nel sogno, i nostri desideri più arditi. Ci pervade, inevitabilmente, di un senso di nostalgia di quella fanciullezza perduta, che ritroviamo nei due protagonisti, alle prese con problemi più grandi di loro, ma contrassegnati dalla caparbietà di chi questo mondo lo vuole cambiare davvero.

La città di Ember è la vera protagonista; è lei che con la sua decadenza ci spinge verso la prospettiva di qualcosa di diverso, fuori dai suoi confini. La cosa che in qualche modo ci destabilizza, è che siano dei ragazzi a volere fortemente trovare la “via d’uscita”. È la paura della mancanza della luce che li spinge a consolidare i propri intenti, e ad oltrepassare quel fiume che porta alla vita, come una sorgente purificatrice che sfocia nella Terra, rigenerata e pulita da ogni bruttura.

Serena Guidoni

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