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Educazione Siberiana – Recensione

Dopo aver portato sul grande schermo i best-seller di Niccolò Ammaniti, Salvatores si cimenta con il difficile compito di trasportare il pubblico nella gelida realtà della Transnistria

Regia: Gabriele Salvatores – Cast: John Malkovich, Arnas Fedaravicius, Vilius Tumalavicius, Eleanor Tomlinson, Jonas Trukanas, Vitalji Porsnev – Genere: Drammatico, colore, 110 minuti – Produzione: Italia, 2013 – Distribuzione: 01 Distribution – Data di uscita: 28 febbraio 2013.

educazionesiberianaSe siete tra coloro che non hanno letto il romanzo di Nicolai Lilin, “Educazione Siberiana”, best seller tradotto in quattordici lingue, tranne che in russo, bisogna fare una pedante premessa storica.

Il luogo dove si svolge l’azione è la Transnistria, stato che si trova tra la Moldavia e l’Ucraina, in cui Stalin decise di deportare i criminali appartenenti a diverse etnie. È proprio all’interno della comunità degli Urka siberiani di Fiume Basso, che Kolima e Gagarin, i protagonisti della storia, ricevono la loro educazione. A noi, quando eravamo bambini, i nostri genitori ci hanno insegnato che non dovevamo mettere i gomiti sul tavolo quando si mangiava, Nonno Kuzja, capo della comunità Urka, insegna a Kolima e agli altri suoi amici, regole molto speciali: i soldi non devono mai entrare dentro casa, non si deve mai sparare dentro casa, i furti e le rapine sono concesse solamente se a danno dei ricchi o dello Stato, se un poliziotto ti rivolge la parola te non puoi mai parlargli direttamente ma devi chiedere ad una donna di fare da intermediario, lo strozzinaggio e lo spaccio di droga sono severamente vietati. Si perché Kolima e Gagarin fin dalla più tenera infanzia vengono educati a diventare quello che in gergo Urka si chiamano “criminali onesti”.

Se quello che vi aspettate di vedere è una classica pellicola sulla malavita russa, rimarrete delusi. Per il suo adattamento Gabriele Salvatores sceglie di seguire gli input di un vero e proprio romanzo di formazione. Probabilmente se avesse voluto calcare la mano solamente sull’aspetto della formazione criminale impartita ai due protagonisti, il pubblico non sarebbe riuscito ad appassionarsi alla vicenda, che sarebbe stata percepita come troppo distante dalla vita di ognuno di noi. Salvatores punta invece sui sentimenti: l’amicizia su tutti. Il vincolo che lega Kolima, Gagarin, Mel e Vitalic intenerisce il cuore dello spettatore perchè riporta alla memoria quel legame tipico che si crea con gli amici d’infanzia, avvalendosi di immagini che ricordano i classici della letteratura dickensiana come “Oliver Twist” o quella tratteggiata da Louis Pergaud ne “La guerra dei bottoni”, un’infanzia fatta di risa e litigi con le altre bande. Tuttavia il periodo più felice della vita passa inesorabile, e tutti prima o poi siamo costretti a valicare quella che Conrad definiva “la linea d’ombra”, quella zona grigia che divide la fanciullezza dalla consapevolezza di adulti.

Il regista sottolinea come la vita sia fatta di scelte: nonostante l’educazione che ti viene impartita alla fine sei sempre e solo tu a dover decidere da che parte stare, se dalla parte degli ‘onesti’ o dei disonesti. Questo è quello che accade ad uno dei protagonisti, Gagarin. Dopo essere uscito dal riformatorio, come capita ad ogni ventenne, decide di essere stanco di tutte le regole che gli sono state impartite e di voler molto di più, di volere tutto, commettendo l’errore più grave “voler possedere di più di quello che il cuore possa amare”, e proprio questo segnerà la sua rovina…

Quello che proprio non ti aspetti è che una pellicola incentrata sulla vita all’interno di un mondo feroce, fatto di rapinatori e assassini, possa trasformarsi anche in un film sull’accettazione del diverso. Ad incarnare il diverso è Xenja, la figlia del primario dell’ospedale, che soffre di disturbi mentali che non solo viene accettata dalla comitiva di Kolima, di cui si innamora, ma da loro viene anche protetta dai mali del mondo esterno che la respinge.

La pellicola non sarebbe così ben riuscita, se oltre alla sapiente mano di quel grande direttore d’orchestra che è Salvatores, non fosse sorretta da un grande cast di attori. Su tutti brillano i giovani protagonisti Arnas Fedaravicius, nei panni di Kolima, e Vilius Tumalvicius in quelli del tormentato Gagarin, che riesce con un solo sguardo ad incatenare lo spettatore. Anche Eleonor Tomlison, già vista in “L’illusionista”, traduce in maniera impeccabile tutta la fragilità ed il candore della giovane Xenja.

Una delle sensazioni principali che regalava al lettore il romanzo di Lilin era quella di venir trasportati in un mondo fuori dal tempo e dallo spazio, surreale e rarefatto. E lo fa anche il film di Salvatores, grazie alla complicità di una grandiosa fotografia e di una colonna sonora firmata da Mauro Pagani, che imprime ritmo ad una storia che di per sé potrebbe correre il rischio di annoiare il pubblico, facendolo invece rimanere attaccato allo schermo dall’inizio alla fine dei 110 minuti di proiezione.

Mirta Barisi

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