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Recensione “Dogman”: il nuovo straordinario film di Luc Besson

Presentato in concorso all’80ª Mostra del Cinema di Venezia, “Dogman”, diretto da Luc Besson, con un magistrale Caleb Landry Jones, è un film cupo e violento, velato di ironia e sensibilità e che presenta una condizione e un protagonista originale, insolito e capace sempre di sorprendere.

Indice

“Dogman” – Tutte le informazioni

Dogman - locandina

Trama

Douglas è un ragazzo emarginato, lo è stato fin da bambino, maltrattato da un patrigno violento e incapace di provare affetto, e da un fratello maggiore che invece di proteggerlo, alimentava i soprusi del patrigno nei suoi confronti. Gli unici con cui il bambino, poi diventato adolescente e successivamente uomo, riesce a legare, sono una muta di cani, estremamente fedeli e affezionati a lui. Ancora vittima di un disagio e una solitudine accettata e compresa con cui Douglas è dovuto inevitabilmente scendere a patti, cresciuto ha la possibilità di dire e dimostrare come gli esseri umani siano incapaci di vivere in armonia e come la violenza faccia parte dell’animo umano, da sempre e per sempre.

Recensione “Dogman”: il nuovo straordinario film di Luc Besson

Crediti

  • Regia: Luc Besson
  • Cast: Caleb Landry Jones, Christopher Denham, Clemens Schick, Jonica T. Gibbs, Grace Palma
  • Genere: drammatico
  • Durata: 114 min
  • Produzione: Francia, Stati Uniti, 2023
  • Distribuzione: Lucky Red
  • Data d’uscita: 5 ottobre 2023

La recensione

Disagio e animo umano

“Dogman” è un film che racconta un disagio, il disagio che vive un ragazzo emarginato, cresciuto e diventato uomo, che negli anni ha imparato soltanto a non fidarsi degli altri. Maltrattato dalla famiglia, sentendosi sempre diverso, lontano, abbandonato da chi credeva essere il suo unico amico, il Douglas della nuova pellicola di Luc Besson non ha più alcuna speranza.

Vive in solitudine, circondato da chi ha capito di amare realmente: suoi bambini, come chiama i suoi cani, di numero variabile tra 20 e 30. Douglas si prende cura di tutti loro, sottolineando di preferirli agli esseri umani. Douglas è il simbolo di un uomo disilluso dalla vita, che ha tentato, nonostante la frustrazione, di ricercare il contatto umano, senza riuscire a capire, a comprendere o a superare momenti di difficoltà. Si tratta di problematiche universali, che prima o poi tutti affrontano, ma che su Douglas, fin da piccolo trattato come un “animale”, hanno un impatto devastante.

Il punto di forza di “Dogman” è da ricercarsi maggiormente nel protagonista, straordinario Caleb Landry Jones nel ruolo di Douglas, un personaggio espressivo, audace, che riesce a far percepire rabbia, ironia, dolore e amore. Anche il rapporto creato con la psichiatra, volto di Jonica T. Gipps, apre la tematica del dolore condiviso, di un legame sensoriale che nasce attraverso gli occhi, visti come lo specchio dell’anima. “Dogman” è un film che coinvolge dalla prima scena, da quella prima frase che compare sullo schermo; mentre si conosce il personaggio di Douglas, si aprono scenari sul suo passato, sul suo punto di vista sul mondo, iniziandosi a chiedere quanto si possa dissentire.

Douglas non è privo di umanità, ma al tempo stesso ferocia e brutalità non sono assenti nel suo animo. Eppure non si può però neanche definirlo un villain a tutti gli effetti. Il protagonista di “Dogman” suscita una forte empatia, è affascinante e persuasivo, ma anche deciso a preservare quella che è la propria sicurezza e la propria vita a ogni costo.

“Dogman”: una tecnica impeccabile

Dogman

La sceneggiatura di “Dogman” è sempre velata di un’amara poesia, dove l’ironia, anche la più sferzante, è l’unica arma per non sprofondare nell’oblio. “A qualsiasi persona infelice Dio invia un cane” è la frase con cui si apre il film di Luc Besson. Douglas crede che per lui sia stato scelto un destino, e lo accetta, credendo che anche la violenza con cui entra in contatto giorno dopo giorno sia in qualche modo giusta, lecita, coerente.

Le continue scintille di follia che passano da un sorriso a un gesto, da un movimento del corpo a un risata sommessa fanno dubitare di un personaggio che nasconde nella sua ambiguità un proprio codice morale, una scelta obbligata, per la quale non vale più la pena soffrire. Non ha più senso perché, come lui stesso dice, “è troppo tardi”. Douglas è convinto che ogni sua decisione e ogni sua azione abbiano una spiegazione, e che questa sia capace di mettere in dubbio ogni cosa.

La sensibilità che trapela, sempre più invadente, dagli occhi e le parole di Douglas è ormai temprata da quel dolore e quella sofferenza che ha provato e che ora, a volte, è lui stesso a generare. È la sua accettazione di una condizione di solitudine, uno scendere a patti con l’avere un percorso già scritto. “Dogman” è un film cupo, con un magistrale attore protagonista, ambientato in luoghi dove sembra non battere mai il sole, e dove la luce diventa simbolo di rinascita.

Centrale anche la fedeltà di animali come i cani, con cui Douglas sviluppa una connessione particolare e unica. Luc Besson confeziona un altro ottimo prodotto, che racconta più temi, concentrandosi su un uomo, su un’oscurità che ha pervaso anima e corpo di un ragazzo che ha scelto, consapevolmente, di allontanarsi da un mondo, perché non ama gli esseri umani, capaci, prima o poi, di fare del male.

“Dogman”: Giudizio e valutazione

Dogman

Anche se ciò che differenzia uomini e animali come i cani non sia da ricercarsi solo in quello espresso in “Dogman”, non si possono considerare i pensieri del personaggio di Douglas non attinenti alla realtà. Non si tratta solo dell’espressione Homo homini lupus di Hobbes ma di quanto il rapporto tra un uomo e il proprio cane possa essere indissolubile, indistruttibile e incorruttibile. E non si può dire lo stesso dei rapporti tra esseri umani.

Questo è il pretesto che Luc Besson sceglie per parlare fondamentalmente di sofferenza, disagio e contatto umano, concentrandosi, per quanto riguarda quest’ultimo, sulla sua assenza, mostrandone il necessario bisogno. Tutto in “Dogman” è velato di una violenza latente, sempre più legata a una sensibilità infantile, a un’ironia tagliente che vede anche negli atti più efferati la possibilità di autogiustificarsi. Ma “Dogman” parla anche di coraggio, quello che ha Douglas nell’ermaginarsi da tutti, nel non avere rapporti al di fuori di quelli con i suoi cani, fedeli fino all’ultimo.

Trailer

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