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Diana – La storia segreta di Lady D. – Recensione

Il più inconfessabile segreto dell’amatissima Lady D. in un film-tributo che punta tutto sulla bravura di Naomi Watts

(Diana) Regia: Oliver Hirschbiegel – Cast: Naomi Watts, Naveen Andrews, Juliet Stevenson, Charles Edwards, Douglas Hodge – Genere: Drammatico, colore, 113 minuti – Produzione: Gran Bretagna, 2012 – Distribuzione: Bim – Data di uscita: 3 ottobre 2013.

diana-ladydDella storia della Principessa del Galles, Diana Spencer, ex moglie dell’erede al trono britannico Carlo, si conosce tutto o quasi, grazie al martellamento mediatico che la perseguitò prima, durante e dopo il matrimonio, persino dopo la sua tragica morte. “Diana – La storia segreta di Lady D.” del regista Oliver Hirschbiegel si propone di esplorare un fatto solo accennato della vita di Lady D., ovvero la relazione amorosa con il cardiochirurgo pakistano Hasnat Khan, intrattenuta poco prima della sua morte. Essendo l’amante un uomo riservato, non avvezzo ad avere gli occhi del mondo puntati addosso, Diana cercò sempre di tutelare il loro rapporto; si propose di viverlo nel modo più normale e comune possibile, lontana dai riflettori.

La scelta di compiere un’operazione così rischiosa trova giustificazione nel fatto che l’idea del film nasce da una casa di produzione inglese, la Ecosse Films. L’intento celebrativo offusca un po’ la fruibilità del film. Per sopperire all’evidente volontà di rendere omaggio a una donna icona del mondo inglese, non è bastato scegliere un regista tedesco, che dovrebbe essere quindi più in grado di dare un’interpretazione oggettiva, meno emotiva, dei fatti.

L’enorme pecca del film risiede proprio nell’indugiare troppo spesso nella retorica o nel melodramma. L’amore tra Diana e Khan è intenso, ma la sua rappresentazione è eccessivamente enfatica, da commedia romantica. Questo aspetto contribuisce a ridurre la verosimiglianza di alcuni momenti che invece dovrebbero aiutare il pubblico non inglese a conoscere la personalità di Lady D.

Persino l’impegno umanitario e lo spirito caritatevole della Principessa di Galles appaiono poco credibili o quantomeno troppo enfatizzati. Invece la parte più interessante del film dovrebbe essere proprio quella di ricostruzione pedissequa della sua vita pubblica, del suo carattere gioioso e malinconico allo stesso tempo e di come la relazione con il cardiochirurgo abbia influenzato gli ultimi anni della sua vita. Le sfumature che si nascondono dietro le sue visite ufficiali in Bosnia o in Angola perdono di spessore di fronte a un eccesso di retorica.

L’attenzione riposta nella rappresentazione fedele di alcuni momenti cozza con la tendenza al romanzato che li pervade, per non parlare delle scene che riguardano la relazione con Khan dove la fantasia degli sceneggiatori ha avuto modo di spaziare.

La soluzione più felice del film risiede nella scelta della protagonista: Naomi Watts sostiene da sola l’intero film, ricreando le movenze, i gesti, la postura e gli stati d’animo di Lady D. Bisogna dare atto che tutto il lavoro legato alla ricostruzione del personaggio, a partire dai costumi per finire con il trucco, è notevole e rafforza l’interpretazione molto convincente di Naomi Watts. La vita dolorosa di Diana, il bombardamento mediatico che la spingono verso la solitudine e la depressione si evincono dal solo sguardo della star di “The Impossible”.

Un velo di mistero continuerà a coprire la vita di Diana Spencer o comunque questo film non riuscirà ad aggiungere nulla di convincente al personaggio, perché non sa sfondare le porte del cuore dello spettatore mostrando il lato più privato di una donna che sapeva trasmettere amore già da sé.

Irene Armaro

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