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Debito di sangue – Recensione

Clint Eastwood, nuova icona del cinema classico, è un agente dell’FBI sulle tracce di un feroce assassino

(Blood Work) Regia: Clint Eastwood – Cast: Clint Eastwood, Jeff Daniels, Dylan Walsh, Wanda De Jesus, Anjelica Huston – Genere: Poliziesco, colore, 110 minuti – Produzione: USA, 2002 – Distribuzione: Warner Bros – Data di uscita: 22 novembre 2002.

debitodisangue-locClint Eastwood da parecchi anni si pone come l’erede diretto del cinema classico hollywoodiano, nella tradizione di Howard Hawks e di John Ford, rivista alla luce del rinnovamento apportato da maestri come Sergio Leone. “Debito di sangue” è un tipico esempio di questo sforzo, con la sua recitazione classica e la sua costruzione narrativa lenta ma robusta.

Eastwood è l’agente Terry McCaleb dell’FBI, sulle tracce di un feroce serial killer che beffa da tempo le ricerche della polizia. Mentre insegue un sospettato, McCaleb ha un attacco di cuore quasi fatale ed è costretto a ritirarsi dall’attività. Qualche tempo dopo l’agente sembra tornare a nuova vita grazie a un trapianto, ma viene ben presto a sapere che la donatrice dell’organo è stata vittima di un omicidio. Nonostante le proteste del suo medico, una efficace Anjelica Huston, su richiesta della sorella della vittima, McCaleb decide di vendicare la donna catturando l’assassino con l’aiuto indispensabile di un suo vicino di casa. Ma insistendo per trovare un colpevole il detective dovrà fare i conti con delle verità dure e spiacevoli.

Nonostante il film sia stato criticato da alcuni per eccesso di inverosimiglianza o per l’uso sfrontato di tutti gli stereotipi del noir, rimane una storia dalla robusta caratterizzazione. La recitazione di Eastwood, settantaduenne che gioca a fare per l’ultima volta il duro prima di darci i ritratti della vecchiaia di “Million Dollar Baby” (2004) e “Gran Torino” (2008), è incredibilmente asciutta e penetrante. L’ex-sbirro a tutto tondo della serie “Callaghan” è invecchiato e non ha paura di svelare le fragilità e le indecisioni del suo personaggio senza per questo togliergli carisma o credibilità, neppure quando affronta colluttazioni che metterebbero a dura prova gente molto più giovane, figuriamoci un malato di cuore.

Il sangue, a partire dal titolo, fa da linea portante di questa storia, come sempre intrisa di riflessioni morali. L’astratta lotta fra il bene e il male si incarna nelle azioni quotidiane degli uomini, ma si fa confusa rendendole ambigue. Vittime e carnefici, sembra suggerire Eastwood, continuano a coesistere per una volontà divina sempre più insondabile e misteriosa.

Tiziano Filipponi

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