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Cristiada – Recensione

Non una guerra di religione, ma una guerra per ciò in cui crediamo: per cosa vale davvero la pena vivere, o morire?

Regia di Dean Wright – Cast: Andy Garcia, Oscar Isaac, Catalina Sandino Moreno, Santiago Cabrera, Rubén Blades, Bruce McGill, Adrian Alonso, Eva Longoria, Peter O’Toole, Eduardo Verástegui, Bruce Greenwood, Nestor Carbonell, Luis Rosales, Raúl Méndez, Karyme Lozano, Joaquin Garrido – Genere: Drammatico, colore, 143 minuti – Produzione: USA, Messico, 2012 – Distribuzione: Dominus Production, Italia – Data di uscita: 15 ottobre 2014.

cristiada-locColossal diretto da Dean Wright, “Cristiada” richiama un tragico e sanguinoso capitolo della storia messicana, la Guerra dei Cristeros.

È il 1926 quando la Legge Calles, emanata dall’omonimo neo presidente in carica, impone severe restrizioni alla libertà religiosa, scagliandosi duramente contro il mondo ecclesiastico.

Inizia, così, un duro e spietato processo che si diffonde in tutto il paese: severe confische, funzioni religiose vietate e pesanti sanzioni per uomini di chiesa e semplici credenti.

In un primo momento la protesta dei gruppi cattolici tenta l’approccio pacifista ma ben presto è chiaro che la spietatezza delle truppe federali richiede ben altri mezzi: arriva il momento per i fedeli di imbracciare, loro malgrado, le armi.

La ribellione divampa cruda ma disorganizzata: i ribelli Cristeros capiscono di aver bisogno di una figura che li guidi verso la vittoria e ripongono le proprie speranze in Grostieta, magistralmente interpretato da Andy Garcia.

Grostieta, generale in pensione e stratega d’eccellenza, è ormai un uomo di famiglia e d’affari che, seppur ateo dichiarato, spinto dalla passione per la libertà accetta l’incarico e diventa comandante della ribellione.

A giocare un ruolo chiave per questo controverso protagonista è la moglie, Tulita (Eva Longoria), profondamente devota che, intravedendo nella missione anche un agognato percorso spirituale per il marito, finisce per appoggiare la sua decisione.

Alla guida dei ribelli, il generale riesce nella difficile impresa: non soltanto cambia drasticamente le sorti del combattimento ma si avvicina alla fede, soprattutto grazie all’incontro con alcuni membri della ribellione, tra cui il piccolo Josè.

L’uomo, se in principio intraprende la missione con distacco, finisce per lottare con la stessa tenacia dei fedeli: profondamente colpito e ammirato di fronte alla devozione dei propri “soldati”, riscopre la valenza di un ideale, convinto che non ci sia nulla di più importante al mondo del proprio diritto alla libertà e soprattutto di ciò in cui si crede.

“Cristiada” è un film corale ambizioso e complesso, che cerca di conciliare la veridicità storica con la spettacolarizzazione destinata al grande pubblico: è, questo, un intento non da poco che però sembra, in alcuni momenti, giocare a discapito della pellicola.

L’esigenza di rispettare la Storia e allo stesso tempo quella di confezionare un intreccio godibile faticano a conciliarsi, esempio è la durata leggermente eccessiva del film (quasi due ore e mezza): il risultato è un racconto in cui si fatica ad avere un reale e profondo coinvolgimento emotivo con i personaggi e in cui la narrazione degli eventi storici rischia, talvolta, di apparire didascalica.

I variegati personaggi che popolano la storia sono figure interessanti e cariche di valori ma spesso finiscono per restare sullo sfondo, scollegati tra loro ed incapaci di essere opportunamente amalgamati nel racconto.

Nota apprezzabile dell’opera è, invece, la scelta – o saggia strategia? – di non porre eccessivamente l’accento sulla ‘guerra di religione’, che ne amplia così notevolmente le potenzialità ricettive e si avvicina al grande pubblico a dispetto di qualunque credo.

In ogni sequenza ci viene sì ricordata la centralità della fede e il grido di ‘Viva Cristo Re’ diventa simbolo della battaglia ma, guardando con più attenzione, emerge chiaramente come la chiave di lettura dell’opera risieda altrove.

“Cristiada” è un inno alla libertà, un elogio alla passione che ci muove e ci ricorda l’importanza di lottare per tutto ciò per cui crediamo valga la pena vivere, o morire.

In quest’ottica, aldilà della propria e personale posizione rispetto alla fede religiosa, risulta difficile non identificarsi o quantomeno non condividere il messaggio più profondo ed universale dell’opera: niente e nessuno può dirci di rinunciare a ciò in cui crediamo.

Eleonora Bordi

 

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