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Cinderella Man – Una ragione per lottare – Recensione

Un Russell Crowe appassionato, calato totalmente nel ruolo di un pugile che lotta per riconquistare ciò che ha perso

(Cinderella Man) Regia: Ron Howard – Cast: Russell Crowe, Renée Zellweger, Connor Price, Paul Giamatti, Boyd Banks, Caraig Bierko – Genere: Drammatico, colore, 144 minuti – Produzione: Usa, 2005 – Distribuzione: Buena Vista – Data di uscita: 9 Settembre 2005.

“Cinderella cinederella-manMan – Una ragione per lottare” sembra, a prima vista, il classico film sul pugilato e sul sogno americano di un giovane irlandese squattrinato con moglie e tre figli piccoli a carico.

 La sceneggiatura di Cliff Hollingsworth, ispirata alla vera storia del pugile James Braddock, ripropone cliché narrativi già noti al pubblico: come quello dell’uomo che raggiunge la sua meta senza arrendersi mai ma credendo fermamente nei suoi ideali.

Ciò che contraddistingue, tuttavia, questa pellicola dalle altre dello stesso genere è l’ottima ricostruzione storica della Grande Depressione americana degli anni ’30, una buona fotografia, ma soprattutto l’interpretazione del protagonista Russell Crowe e del comprimario Paul Giamatti. Crowe è James Braddock, un irlandese con la passione della boxe, che viene ben presto costretto ad abbandonare il suo sogno a causa di un incidente alla mano. Braddock deve accettare lavori mal pagati al porto per mantenere la famiglia composta dalla moglie Mae (Renée Zellweger) e da tre figli.

Finalmente lo sport concede a James una seconda possibilità quando il manager Joe Gould (Paul Giamatti) gli propone un incontro rifiutato all’ultimo momento da un altro pugile. Braddock la vede come la grande occasione per uscire dalla miseria ed offrire un futuro migliore ai suoi bambini, per questo motivo vince mettendo a tappeto l’avversario al terzo round. Il protagonista affronta così, con coraggio e determinazione, una serie di incontri fortunati fino a quello decisivo per il titolo di campione dei pesi massimi contro il pericoloso Max Baer, che ha già ucciso due avversari durante i match di boxe. Il pubblico vive un’ultima mezz’ora palpitante assistendo ad una sfida di quindici round molto sofferti, dei quali non sveliamo l’esito per non rovinare la sorpresa.

Eccellente l’interpretazione di Russell Crowe, il quale ben trasmette attraverso le espressioni del viso gli altalenanti stati d’animo del suo personaggio: dalla disperazione, all’entusiasmo, alla speranza. Bravissimo anche Paul Giamatti, che con il ruolo del manager Gould fu candidato all’Oscar e ai Golden Globes come Miglior Attore Non Protagonista. Il talento di Giamatti è sempre quello di saper personalizzare i ruoli minori rendendoli inconfondibili. Un po’ spaesata, invece, Renée Zellweger che sembra trovarsi più a suo agio in parti brillanti.

Ci vorrebbero più film come questi nel panorama cinematografico internazionale, con l’obiettivo di trasmettere alle giovani generazioni lo spirito di sacrificio, la voglia di arrivare e di non arrendersi mai: valori che sportivi come Braddock o come il nostro Primo Carnera conoscevano bene.

Ilaria Capacci

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