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Chloe – Tra seduzione e inganno – Recensione

Chloe, il lato sensuale della finzione

(Chloe) Regia: Atom Egoyan – Cast: Liam Neeson, Amanda Seyfried, Julianne Moore, Max Thieriot, Meghan Heffern, Laura DeCarteret – Genere: Drammatico, Thriller, colore, 96 minuti – Produzione: Canada, Francia, USA, 2009 – Distribuzione: Eagle Pictures – Data di uscita: 12 marzo 2010.

Resistere alla Tchloe-tra-seduzione-e-ingannoentazione. Per avvicinarsi a “Chloe” è necessario un chiarimento. Bisogna concepire che l’universo degli Stati Uniti raramente collima con il nostro e per nostro intendiamo quello italiano. Le due realtà sono ben differenti e la convinzione radicata del protagonista made in Usa che ragiona e si muove come un occidentale è pura fantasia sceneggiativa.

Atom Egoyan ce lo ricorda chiaramente, girando un film intimista crudo ed efficace, diretto e senza pretese. Scossa dalla sua età che il corpo fa appassire (pur così non sembrando), il medico Julianne Moore incontra la prostituta Chloe (corpo e labbra di Amanda Seyfried) chiedendogli di sedurre il marito Liam Neeson per testarne la riluttanza al tradimento. Chiaramente le cose le sfuggiranno di mano, ma senza colpi improvvisi,se non nel pittografico finale, né inganni hitchcockiani come vorrebbe indicare il furbetto sottotitolo italiano.

Esteticamente pregiato come un vino italiano da degustazione, non dall’uso analgesico che gli americani ne fanno, il film incornicia l’eros nei suoi traguardi più volubili, l’amore a tempo di parole non dette e poi dette troppo tardi, dove la tragedia cova e i sentimenti si fanno sguardo. Il regista esalta il sesso come un quadro di Caravaggio, in cui la luce dona ai volti le sfumature giuste in base all’angolazione della camera e all’emozioni del momento, in questo caso un mare magnum di volontà represse che attraversano l’impercettibile velo tra etero ed omosessualità latenti.

La pellicola scorre fluida nel caos voluto di emozioni sofisticate, in cui la lingua inglese, adatta allo scopo, aiuta a decifrare un universo fatto di spazi vuoti e grandi distanze, nelle quali di sicuro faticheremmo a trovare l’orientamento o una spiegazione comprensibile. Per questo “Chloe” soddisfa ogni perverso desiderio, per questo va visto con l’occhio lucido e critico di chi concepisce la fragilità della mente come un meccanismo su cui lavorare e l’importanza della famiglia come elemento da non trascurare.

Attori bravissimi, sessualità esplicita e coinvolgente, il tutto in un film secco che, con un goccio di coraggio in più, avrebbe potuto essere una pellicola totale, da far invidia al povero Kubrick. L’estasi dell’innamoramento e dell’insicurezza coniugale, il tentativo di ricreare un mondo alto borghese in cui il dramma viene sconfitto da un orgasmo, la passione travolgente a ritmo di baci e messaggi inoltrati in eleganti camere d’hotel. La felicità, a quanto ne sappiamo noi e anche al di là dell’oceano, si conquista sempre a caro prezzo, Egoyan lo tiene bene a mente e non si spinge mai oltre il limite dell’immaginazione. Resiste alla tentazione.

Simone Bracci

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