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Carta bianca – Recensione

La denuncia sociale, la paura e la ricerca della felicità in “Carta bianca” di Andrés Arce Maldonado

Regia: Andrés Arce Maldonado, Andrea Zauli – Cast: Mohamed Zouaoui, Tania Angelosanto, Patrizia Bernardini – Genere: Drammatico, colore, 90 minuti – Produzione: Italia, 2013 – Data di uscita: 26 giugno 2014.

carta-biancaTre i protagonisti, tre le vicende che si intrecciano, tre le vite che si scontrano e tre le etnie che si confrontano nel nuovo film di Andrés Arce Maldonado.

Kamal è un giovane immigrato nordafricano che spaccia droga per guadagnare qualcosa, ma in realtà ha un carattere mite ed è amante dei libri.

Vania fa la badante, è una ragazza moldava, con un passato torbido da prostituta che torna spesso a tormentarla attraverso delle allucinazioni.

Lucrezia è la donna forte, indipendente e imprenditrice, però vittima della solitudine e dell’abbandono: sotto la dura corazza che decide di indossare ogni giorno si nasconde infatti un cuore ferito e fragile.

Le storie di questi tre personaggi così diversi si intrecciano e si condizionano a vicenda, sullo sfondo della periferia di Roma, nell’arco di 20 ore.

Andrés Arce Maldonado prende ispirazione da un fatto di cronaca nera per portare sul grande schermo una piaga che affligge l’animo dell’individuo moderno: l’indifferenza e la paura nei confronti dell’altro, di ciò che è diverso da noi. Nel 2010 a Ferrara, sul ciglio della strada e tra l’indifferenza dei passanti, un ragazzo nordafricano di 25 anni, Sahid Belamel, muore di ipotermia. Partendo da un fatto realmente accaduto, Maldonado costruisce il suo film, presentando tre storie, i cui protagonisti sono completamente diversi tra loro ma accomunati dalla solitudine e dall’indifferenza che caratterizza le loro vite.

Il numero tre è ricorrente nel film di Maldonado: come i personaggi, tre sono anche i temi che attraversano la pellicola.

La denuncia sociale è palese: l’uomo di oggi così indifferente nei confronti del prossimo, si preoccupa solo di se stesso, tanto da non accorgersi che un ragazzo è morente in mezzo alla strada, come una scena del film esplicitamente descrive. Siamo così spaventati da qualcosa di diverso da noi che ci distacchiamo completamente da quello che ci accade intorno, siamo completamente e colpevolmente indifferenti: questo è il messaggio iniziale che il regista vuole trasmettere.

Ma Kamal, Vania e Lucrezia sono accomunati da un altro sentimento, quello della paura. Kamal è un ragazzo maghrebino che vuole allontanarsi dalla sua gente, che non vuole essere come loro, tanto da cambiare il suo nome in Sandro. Il giovane ha paura di essere come loro, ha paura di ridursi come il padre, che ha pestato a morte la madre senza motivo; ha paura di rimanere da solo ed escluso e vuole integrarsi nel mondo occidentale, diventare parte di esso.

Vania ha paura del suo passato, che torna a tormentarla sotto forma di allucinazioni; ha paura di rimanere sola, visto che le sue amiche sono morte o scomparse: cerca conforto nella religione o addirittura nelle frasi dei “Baci Perugina”, ma spesso questo non basta per rassicurarla.

Lucrezia, l’imprenditrice italiana, è stata vittima di un abbandono da parte dell’uomo che amava. L’unico essere vivente che le è rimasto accanto è il suo cane, al quale dedica ogni sua attenzione. L’abbandono e la solitudine l’hanno resa più forte e indipendente ma proprio la paura di perdere questa indipendenza la tormenta. Finita nelle grinfie di uno strozzino, cercherà in ogni modo di non rimanere intrappolata e riconquistare la sua libertà.

I vari percorsi dei tre personaggi tendono tutti verso la stessa meta, la felicità. La conquista di qualcosa è il terzo punto cruciale del film di Maldonado. Per il ragazzo nordafricano la felicità è inizialmente un lavoro stabile e il permesso di soggiorno, così da poter finalmente entrar a far parte del mondo occidentale, mentre per la ragazza moldava il desiderio da realizzare è quello di tornare a casa per riabbracciare i suoi parenti e iniziare una nuova vita. L’imprenditrice italiana invece vuole solo liberarsi dalle catene che la tengono legata allo strozzino e riconquistare la sua libertà. Forse il suo vero sogno è ormai perso, distrutto inesorabilmente dall’abbandono subito: è una donna che ha smesso di sognare, che si aggrappa perciò a quello che le è rimasto e che è pronta a tutto per tenerselo stretto.

Con un film interamente finanziato dallo stesso regista, definito “indipendente”, Maldonado racconta un aspetto dell’uomo moderno sul quale solitamente si riflette poco. Solo quando dei fatti di grande impatto emotivo, come quello di Sahid Belamel, ci colpiscono con tutta lo loro violenza, riusciamo a concentrarci sugli aspetti più crudeli dell’animo umano. Partendo dal tema dell’immigrazione, il regista amplia la sua riflessione, presentando la natura umana in tutta la sua ambiguità e a volte crudeltà.

Tre personaggi che cercano di combattere le loro paure per raggiungere un obiettivo, tre vite che tentano di trovare una direzione in cui andare, tre animi che cercano la pace dopo aver combattuto per troppo tempo.

Margherita Mustari

Carta bianca – Recensione

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