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Cappuccetto Rosso Sangue – Recensione

Che bocca grande che hai! dice Cappuccetto Rosso. È per sbadigliare meglio, rispondiamo noi

(Red Riding Hood) Regia: Catherine Hardwicke – Cast: Gary Oldman, Amanda Seyfried, Lukas Haas, Virginia Madsen, Billy Burke, Julie Christie, Michael Shanks, Michael Hogan, Shiloh Fernandez, Christine Willes – Genere: Thriller, colore, 99 minuti – Produzione: USA, 2011 – Distribuzione: Warner Bros Italia – Data di uscita: 22 aprile 2011.

In assoluto tracappuccettorossosangue i racconti più carichi di riferimenti più o meno impliciti alla violenza, alla sessualità, persino all’antropofagia, Cappuccetto Rosso è forse la più nota fiaba popolare europea in cui l’antitesi tra il bene e il male, tra il luminoso e l’oscuro risulta più netta.

 Già nel 1984 Neil Jordan aveva provato, con un’ambiziosa trasposizione (“In compagni dei lupi”), ricca di simbolismi, a tirarne fuori i lati più oscuri e morbosi, con la figura del lupo, chiaro elemento scatenante degli istinti sessuali adolescenziali.

Con un soggetto di questo tipo nelle mani della regista che meglio di tanti altri ha saputo raccontare senza troppi filtri (con il sorprendete “Thirteen” ma anche con lo skate movie “Lords of Dogtown”) la più delicata fase di passaggio dell’esistenza umana, era dunque lecito aspettarsi quanto meno una favola nera dalle atmosfere disturbanti e poetiche allo stesso tempo. Stile “Lasciami entrare”, tanto per intenderci.

Purtroppo, regola piuttosto costante nel mondo dello spettacolo, i grandi, grandissimi successi di botteghino finiscono per castrare la creatività di chi li ha ottenuti, nel tentativo di replicarli utilizzandone gli stessi elementi. Il riferimento è ovviamente alla saga di “Twilight” di cui la Catherine Hardwicke è responsabile (o colpevole a seconda dei punti di vista) del primo episodio. Così a partire dalla scelta degli interpreti, emaciati ma ben impomatati, passando per le montagne di Vancouver, i duelli al rallenty, la licantropia e il comune background fantasy sembra davvero di assisterne ad una replica medievale. Con queste premesse, la celebre storia trascritta nei secoli da Perrault e dai Fratelli Grimm e la cui morale è riassumibile nella raccomandazione più utilizzata da quando esistono genitori e figli (“Non dare retta agli sconosciuti”), viene liberamente adattata per dare spazio alle schermaglie amorose di Valerie promessa sposa ad Henry ma innamorata di Peter. Sullo sfondo un enorme lupo mannaro (la cui realizzazione in CG è di una indicibile bruttezza e approssimazione) che terrorizza il loro villaggio e la cui vera identità costituirà l’improbabile sorpresa finale.

Nota a margine: davvero scorretto attirare in sala gli spettatori creduloni con un titolo allettante che richiama ad uno spaventoso, quello sì, horror anni ’80, “Grano rosso sangue”. Almeno, io ci sono cascato.

Vassili Casula

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