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Ca$h – Recensione

Ca$h, un film all’insegna degli stereotipi, che ricorre a una trama già vista e si spegne in un finale banale e senza pathos

Regia: Eric Besnard – Cast: Jean Reno, Valeria Golino, Jean Dujardin, Alice Taglioni, Eriq Ebouaney, François Berléand, Caroline Proust, Samir Guesmi, Cyril Coupon – Genere: Commedia, Azione, colore, 100 minuti – Produzione: Francia, 2008 – Distribuzione: Moviemax – Data di uscita: 5 giugno 2009.

Un nomignolo, ucash-locn vezzo, un’esca pubblicitaria, un personaggio. “Ca$h” è un impostore, un ladro gentiluomo, il Lupin della collezione primavera 2009, insomma un furbacchione nato dalla penna di Eric Besnard, che girandone il film ne ha fatto una storiella poco incisiva e graffiante. Personaggi e dialoghi già visti e apprezzati altrove, quel gradevole buonismo di fondo che intacca un tantino lo script, scritto con eleganza ma con penuria di emozioni.

Jean Dujardin è il titolato protagonista, volto sbarbato e sorriso sornione, Jean Reno e Valeria Golino comprimari di lusso, per una storia che non possiamo nemmeno definire in stile Ocean alla francese.

Battutine insipide e meccanismo rodato, seppur sfarzosamente rappresentato, regalano alla pellicola un tocco demodè che alla fine risulta controproducente, a partire dallo slogan di lancio: “Fate il vostro gioco”, sentito e risentito migliaia di volte. “Ca$h”, il denaro contante che orienta l’orizzonte di ogni truffatore che si rispetti, scivola con garbo collaudato verso il finale denso di colpetti di scena, ossia quelli che ogni spettatore che si rispetti preventiva sedendosi davanti a un film del genere, che non annoia affatto, sia ben chiaro, ma è ben lungi dal sedurre chi lo guarda o dal creare una situazione d’empatia con i personaggi principali.

Besnard non eccelle nel lavoro di ricerca, ma punta sulla gagliardezza della sua scrittura, tralasciando il gradiente di pathos tanto caro a pellicole in cui le truffe a mezzo imbroglio sono legittimate (senza violenza o quasi) dallo charme degli attori, riuniti in un solenne balletto delle parti e dei ruoli, visto che l’intreccio scioglierà il suo astruso nodo solo al termine della pellicola, almeno recitata con brio e divertimento. Affidandosi al fato con le carte e gli assi buoni per sbancare il Casinò, ci si può imbattere tuttavia in un bluffer migliore di noi e allora ecco che il castello di picche crolla, facendo perdere forza al film man mano che la processione di imbrogli giunge al suo culmine. Peccato davvero, perché alcune situazioni truffaldine sono quantomeno godibili e impreziosite dalle location transalpine, ma tutto ciò non basta a restituire vigore al’intero plot che, al contrario di certi vini, invecchiando (come genere cinematografico), non migliora, anzi si sgasa e lascia ancora con molta sete. Specie davanti all’ennesimo pollo spennato.

Simone Bracci

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