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Cabros de Mierda

Recensione

Cabros de Mierda – Recensione: un’opera sul coraggio delle donne cilene

Cabros de Mierda rece

Un giovane sacerdote americano/Daniel Contesse si trova catapultato nella dura realtà cilena degli anni della repressione dopo la morte del Presidente Allende e la presa di potere del generale Pinochet. Il suo contatto con la realtà passa per la vita quotidiana in un quartiere povero presso una famiglia matriarcale dove lui è ospitato. Ci vivono una donna forte e sensuale di nome Gladys/Nathalia Argonese come la figlia e la madre, anche loro con lo stesso nome. Lei è conosciuta da tutto il vicinato come “La francese” ed è un’attivista politica che prende in casa molti figli di desaparecidos, tra cui Vlady/Elias Collado.

Cabros de Mierda: la banalità del male in una narrazione rigorosa e commuovente

“Cabros de Mierda” di Gonzalo Justiniano, presentato nella selezione ufficiale della Festa del Cinema di Roma 2017, è un film forte che colpisce lo spettatore nel più profondo dei suoi sentimenti. Il regista, che ha abbandonato il suo paese giovanissimo, ritorna su una delle pagine più tristi del passato recente del Cile e lo fa girando un film in cui la grande storia si mischia con quella degli individui che hanno visto morire tanti membri delle proprie famiglie.

Usando l’escamotage del flashback il film ci porta a casa della bella Gladys dove Samuel arriverà per portare il messaggio di Dio in un paese martoriato dalla dittatura. La narrazione ruota essenzialmente su due piste: quella personale dell’ingenuo sacerdote travolto dalla sensualità e dalla forza della sua ospite e quella più politica. Gli sgherri di Pinochet agiscono indisturbati e seminano il terrore in una comunità che li protegge e denuncia i ribelli.

Cabros de Mierda Bimbo

Gran parte della storia è vista prima di tutto dagli occhi stralunati del piccolo Vladi che cerca nel gringo capitato per caso nella sua casa l’amore che non può più avere dal padre, sparito per ragioni politiche. Lo sguardo del giovane interprete Elias Collado con i suoi grandi occhiali buca letteralmente lo schermo al pari della fisicità troppo esibita con garbo e ironia da Gladys.

Nel film ci sono molte preziose immagini di repertorio in bianco e nero sgranato sui drammatici avvenimenti di quegli anni che si integrano perfettamente nel contesto della narrazione.

“Cabros de Mierda” è rigoroso e bilanciato nel raccontare il crudo reale visto dal punto di vista di uno straniero, che diventa parte integrante della comunità.

È un’opera sulla forza delle donne, capaci sì di sedurre con uno sguardo e una battuta, ma anche di rischiare la vita per i propri ideali. La visione scorre senza perdere colpi e arriva al suo culmine di drammaticità verso un finale che non nasconde neanche i dettagli più crudi, pur passando per momenti romantici intensi e delicati.

Cabros de mierda: un film che commuove e fa sorridere al tempo stesso

Non si può che ammirare la lucidità del regista cileno che riesce a mantenere un equilibrio tra toni leggeri e drammatici. I tre interpreti principali Daniel Contesse, Nathalia Argonese e Elias Collado sono tutti strepitosi, soprattutto l’ultimo, un ragazzino giovanissimo. Tutto il film è pieno di facce bellissime, probabilmente non di attori professionisti: incantano i bambini con i loro grandi occhi ma anche le donne e gli uomini anziani che non hanno bisogno di battute per lasciare il segno al pari delle tante foto della carrellata finale del Museo della Memoria e dei Diritti Umani di Santiago, un finale che è un monito per ricordare all’umanità tutta la banalità del male.

Ivana Faranda

 

Trama

  • Regia: Gonzalo Justiniano
  • Cast: Nathalia Aragonese, Daniel Contesse, Elías Collado, Corina Posada de Gregorio, Luis Dubbó, Nicolás Rojas, Sara Becker Rodríguez
  • Genere:  Drammatico, colore
  • Durata: 118 minuti
  • Produzione: Cile, 2017
  • Distribuzione: n/d
  • Data di uscita: n/d

cabros de mierda locandinaGonzalo Justiniano, regista e produttore sudamericano, non è certamente alla sua prima esperienza in campo cinematografico: dopo l’esordio con “Los guerreros pacifistas” – documentario incentrato sul movimento punk cileno -, si è dedicato unicamente ai lungometraggi, che gli sono valsi non pochi premi.

Fedele alle tematiche sociali, questa volta, con “Cabros de Mierda”, si è occupato del governo Pinochet: anni di dittatura, manifestazioni, desaparecidos.

Il film, di matrice drammatica, è  tra quelli della Selezione Ufficiale della Festa del Cinema di Roma 2017.

Cabros de Mierda: una meta-denuncia alla dittatura che fu

1983: la protagonista di “Cabros de Mierda”  è Gladys – chiamata “la francese” – , una donna di 32 anni che vive in una baraccopoli di Santiago. Gladys è decisamente bella, giovane, e purtroppo costretta a vivere un’esistenza che, naturalmente, non vorrebbe. Sua figlia e sua madre, anch’esse di nome Gladys, abitano con lei.

La loro vita cambierà dal momento in cui decideranno di ospitare un giovane missionario nordamericano di nome Samuel Thompson, un ragazzo dall’aspetto puro il cui unico intento è predicare la parola di Dio.

Samuel, tuttavia, non si limiterà solo a ciò: riprenderà, con la sua videocamera, le persone che, come Gladys, vivono nelle baraccopoli, terrorizzate dall’idea di non riuscire a condurre una vita degna d’esser chiamata tale, o di non poter crescere e garantire un futuro sereno ai propri figli. Continuerà a filmare anche le svariate manifestazioni di massa, per non parlare degli spazi comuni in cui gran parte del popolo cileno era costretto a vivere.

 

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