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Blade Runner – Recensione

 

Blade Runner: un noir fantascientifico unico nel suo genere

Regia: Ridley Scott – Cast: Harrison Ford, Daryl Hannah, Rutger Hauer, Sean Young, Edward James Olmos, M. Emmet Walsh, William Sanderson, Brion James – Genere: Fantascienza, colore, 117 minuti – Produzione: USA, 1982.

blade-runner-locPiove sempre nella buia e caotica Los Angeles di un futuro drammatico e non troppo lontano in cui il poliziotto Deckard (Harrison Ford), dell’unità Blade Runner, viene richiamato ad operare per scovare e eliminare un gruppo di replicanti insubordinati, che cercano il loro costruttore, colpevole di avergli donato forza fisica straordinaria e un aspetto umano, ma una vita assai breve. Mentre sta eseguendo dei test per identificare le reazioni emotive di queste ‘macchine’, apparentemente incapaci di provare sentimenti, Deckart conosce, e si innamora, di Rachel, inconsapevole della propria vera natura, la cui presenza complicherà non poco le indagini, il cui esito finale lascerà nella disperazione vincitori e vinti.

Con “Blade Runner” Ridley Scott realizza un noir fantascientifico assolutamente unico nel suo genere, felicemente ispirato da “Il cacciatore di androidi” di Philip K. Dick, in cui ogni singolo personaggio conduce una vita di desolata amarezza, sia esso umano o androide. Non c’è spazio per i vincitori, ognuno svolge il proprio compito con un fardello da sostenere che gli rende pesante l’esistenza.

Blade Runner è il corpo speciale in cui opera il protagonista, un Harrison Ford che rivela tutta la disperazione di uno stato esistenziale opprimente, ma sta a indicare, come il termine stesso rivela (colui che corre su una lama), il labile confine che corre tra uno stato, quello umano, e un altro, il replicante; ed è forse Rachel quella che più di tutti rappresenta questa lieve zona di confine, a causa dell’inconsapevolezza della sua vera natura e per i sentimenti che la legano a Deckart.

Ridley Scott racconta la disperazione di un tempo, non lontano dalla realtà e non così assurdo come futuro ipotizzabile, in cui la tecnologia diventa disturbante e aliena l’uomo, confondendolo con la macchina, e la sua narrazione acquisisce ulteriore spessore anche grazie alla struggente colonna sonora di Vangelis e agli effetti speciali di Douglas Trumbull.

Particolarmente riuscita la prova di Rutger Hauer e particolarmente importante il suo personaggio, Roy Betty, che risparmiando la vita di Deckart dimostra che in fondo l’unico nemico dell’essere umano non è altri che se stesso.

Del film è uscita una seconda versione nel 1992 “Blade Runner: the Director’s Cut” priva di narrazione con voce fuori campo del protagonista e della ripresa aerea finale, realizzata usando ritagli di una sequenza iniziale di “Shining”, e sicuramente con un conclusione meno rassicurante rispetto a quella del 1992.

“Blade Runner”, un capolavoro della storia del cinema, che ha rivoluzionato i tradizionali modelli fantascientifici, tanto da diventare ‘pietra miliare’ tout court, in grado di resistere al passare del tempo e all’evoluzione del linguaggio della settima arte.

Isabella Gasparutti

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