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Be My Voice (2021)

Recensione

“Be my Voice” un documentario sul coraggio delle donne in Iran

Be My Voice recensione

Porta la firma della regista Nahid Persson iraniana naturalizzata svedese, il documentario “Be y Voice” su Masih Alinejad, blogger e giornalista iraniana nota per la sua campagna social contro l’uso dell’Hijab che vive da anni sotto protezione negli USA. Le due donne, accomunate da un destino di esilio e dai lunghi capelli ricci, s’incontrano per girare un instant movie sulla vita della giovane attivista.

Be My Voice (2021)

Non c’è alcuna finzione e canovaccio in questo lavoro, premiato nel 2019 al Festival di film d’inchiesta Pordenone docs. La loro è una sorellanza immediata e il plot parte velocissimo da un video diventato virale, grazie alla popolarità di Masih, su una donna che in una manifestazione mostra un velo bianco che vola con lei. Da questa immagine poetica nasce la campagna social “No Hijab” che coinvolge tante iraniane di ogni età che vogliono esibire orgogliosamente la loro chioma.

Nahid Persson non è la prima volta che affronta il tema della libertà delle donne in Iran. Ha già girato nel 2009 “The Queen and I”, con la vedova dell’ultimo Shah di Persia, e nel 2013 “My Stolen Revolution”, sulla sua fuga dall’Iran dopo la rivoluzione che portò al potere l’Ayatollah Khomeini .

Il ritratto della portavoce delle istanze delle donne iraniane

É povero dal punto di vista tecnico “Be my Voice”, comprende molti video girati con lo smartphone e filmati di YouTube del canale social “Tablet” della protagonista. Eppure il film funziona e molto bene, perché c’è tutto il cuore e la forza del legame tra due donne di diverse generazioni ma unite dalla stessa lotta. Entrambe sono dovute scappare dal loro paese e hanno visto le loro famiglie minacciate dal regime. A Nahid hanno ucciso il fratello Rostman, mentre quello di Masih è stato messo in carcere.

La giovane blogger durante il film passa continuamente da momenti di grande felicità per l’aiuto che sa di dare ad altri di grande tristezza. Questa viene per lo più dalla difficile relazione con la famiglia che l’ha ripudiata, per paura delle ritorsioni del regime, ad eccezione del fratello.

Ci sono tanti fiori nel suo giardino a New York e sono virtualmente i suoi cari. Nahid ride con quella che diventa sua sorella e la abbraccia quando è triste.

Nella sua semplicità “Be my Voice” è un bellissimo documentario che veicola per una volta le potenzialità positive dei social. La giovane Masih è diventata, infatti, la portavoce di tutte quelle donne che non possono scappare come lei. Un piccolo ma grande film da non perdere!

Ivana Faranda

Trama

  • Regia: Nahid Persson
  • Cast: Masih Alinejad
  • Genere: Documentario, colore
  • Durata: 90 minuti
  • Produzione: Svezia, 2021
  • Distribuzione: Tucker Film
  • Data di uscita: 7 marzo 2022

Be My Voice poster“Be My Voice”, terzo documentario di Nahid Persson, patrocinato da Amnesty International, ha vinto nel 2021 il Festival di film d’inchiesta Pordenone Docs.

Be My Voice: la trama

Masih Alinejad è una giovane giornalista e attivista, diventata la voce delle donne iraniane nelle battaglie per la civiltà. Scappata dal suo paese vive negli Usa sotto protezione. Da lì, usa i social come arma per portare avanti la ribellione contro l’uso dell’hijab. La sua è una lotta di disobbedienza civile nell’Iran di oggi; la racconta nella sua vita di ogni giorno la regista Nahid Persson, anche lei riparata in Svezia da tempo.

Il cast e la lavorazione

La protagonista Masih Alinejad è divenuta una delle giornaliste più conosciute dell’Iran. Ha aperto nel 2014 la pagina FB My Stealthy Freedom (La mia libertà clandestina), rivolgendosi alle donne perché postassero immagini di sé pubbliche senza l’hijab. La sua idea è di dare alle donne la possibilità di scelta sull’uso dell’hijab. Ha scritto il libro “The Wind in My Hair. My Fight for Freedom in Modern Iran” (“Il vento nei capelli. La mia lotta per la libertà nel moderno Iran”, edito in Italia per Nessun Dogma) che narra la storia dell’autrice e la sua missione di libertà attraverso l’immagine delle sensazioni che le donne non possono provare in pubblico in Iran.

Trailer

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