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Attacco al Potere – Olympus Has Fallen – Recensione

Un film elettrizzante ma prevedibile, “Attacco al Potere – Olympus Has Fallen” non convince

(Olympus Has Fallen) Regia: Antoine Fuqua – Cast: Gerard Butler, Aaron Eckhart, Dylan McDermott, Angela Bassett, Cole Hauser, Randha Mitchell, Robert Forster, Ashley Judd, Melissa Leo, Rick Yune, Tory Kittles – Genere: Azione, colore, 116 minuti – Produzione: USA, 2013 – Distribuzione: Notorious – Data di uscita: 18 aprile 2013.

attacco-al-potere-olympusIspirato alle recenti tensioni tra Stati Uniti e Corea del Nord, il film è un thriller diretto dal regista di “Training Day”, Antoine Fuqua.

Un gruppo di estremisti nord coreani fa irruzione nella Casa Bianca, l’Olimpo del potere per eccellenza, prendendo in ostaggio il Presidente degli Stati Uniti Benjamin Asher (Eckhart) e il suo staff all’interno del bunker presidenziale. L’obiettivo è mettere sotto scacco l’intera nazione con la minaccia di detonare tutte le testate nucleari del paese. Unica speranza è Mike Banning (Butler), ex responsabile della sicurezza, che, rimasto l’unico superstite nell’intero edificio avvolto dalle fiamme e dal caos, diventerà occhi e orecchie del Portavoce della Casa Bianca Allan Trumbull (Morgan Freeman) in una missione impossibile di salvataggio.

L’intera pellicola si snoda attraverso continui rimandi agli action movie degli anni ’80, risultando in perfetta sintonia con un genere sempre amato dal pubblico. Apprezzabile il forte realismo che si percepisce guardando il film, dalle scenografie alle scene d’azione la sensazione è di trovarsi ad un passo dal quotidiano, sebbene gli eventi siano straordinari.

Un plauso all’ottima performance dei protagonisti Butler ed Eckhart, che si dimostrano attori di grande talento e versatilità mentre la presenza di Morgan Freeman sullo schermo è abbastanza scontata e non lascia segni indelebili.

Ciò che fa storcere il naso è la ripetibile sequenza di temi noti e stravisti, dal disastro di proporzioni mondiali all’insperata lotta dell’ultimo sopravvissuto che, in cerca di un riscatto personale, porta in salvo la nazione intera e recupera la propria autostima.

Altro elemento poco apprezzabile sono le scene d’azione, che, anche se caratterizzate da una buona dose di veridicità visiva, risultano compromesse da un’esagerazione tipicamente americana: montagne di cadaveri che si accumulano dall’inizio alla fine dell’intero film, una sparatoria infinita e senza limite di munizioni, decenza e buon gusto. Non che in genere ci sia grazia negli attacchi terroristici, ma spesso, durante la visione, viene rasentato il limite del trucido. Questo aspetto non è disgiunto da un linguaggio colorito, che diverte nel sarcasmo tipico degli action movie (battute sagaci in momenti improbabili, ad esempio mentre si è a un passo dal disastro nucleare), ma che stanca e sconfina nel ridicolo.

Non si tratta di snobismo europeo nei confronti del tanto amato cinema hollywoodiano, ma l’impressione è quella che il regista, aldilà della pregevolezza di alcuni tratti della pellicola, abbia sfacciatamente sfruttato un argomento che pizzica corde sensibili: l’attacco terroristico di una Corea del Nord, nazione impenetrabile, che da anni aggrotta le sopracciglia del Governo. Un argomento così direttamente impegnato sotto un profilo politico si espone senza mezzi termini a due rischi: quello di diventare una leggenda o di fruttare economicamente al botteghino nelle prime settimane, ma di finire ben presto nel dimenticatoio. L’impasse è risolto dal regista: se Butler sullo schermo sventa il colpaccio di quei mattacchioni dei Coreani, Fuqua sguscia via dal pericolo di una consacrazione cinematografica.

Sicuramente il regista ha diretto un film emozionante, ricco di colpi di scena e di ammazzamenti, condito con una buona dose di spirito alla Action Man. In questo senso diciamo Bravò Antoine, ma non ci sbilanciamo in un giudizio maggiormente positivo, sarebbe da buonisti e noi cinefili europei, in genere, non lo siamo.

Sara Catalini

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