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Another Year – Recensione

Mike Leigh, come d’abitudine, non propone storie eccezionali ma vicende di ordinaria quotidianità, dove si ama, si soffre, si fatica, si ride, non tralasciando di dare, tramite dialoghi puntuali, semplici e mai banali, che vanno dritti al cuore, direttive morali

Regia: Mike Leigh – Cast: Jim Broadbent, Lesley Manville, Ruth Sheen, Oliver Maltman, Peter Wight, David Bradley, Karina Fernandez, Martin Savage, Michele Austin, Phil Davis, Stuart – Genere: Drammatico, colore, 129 minuti – Produzione: Gran Bretagna, 2010 – Distribuzione: Bim – Data di uscita: 4 febbraio 2011.

another-year-recCon “Another Year” Mike Leigh porta nuovamente sullo schermo i sentimenti, con la sensibilità e l’eleganza che contraddistinguono tutti i suoi lavori. I personaggi ruotano attorno a Tom, ingegnere, e a sua moglie Gerri, psicologa; attraverso il loro quotidiano il regista mostra le diverse sfaccettature dell’animo umano. L’intervallo narrativo è lungo un anno, dalla primavera all’inverno successivo, col tempo scandito dalle necessità stagionali dell’orto, che la coppia coltiva con grande passione. L’orto non è solo un passatempo, ma un ideale, quello di vivere con maggiore naturalezza, cibandosi dei frutti della propria fatica.

La serenità della coppia spesso stride con l’insoddisfazione di amici o parenti, ai quali i due si dedicano con amore, senza però transigere a comportamenti sbagliati, qualora presenti, Gerri con maggiore determinazione di Tom, per sua natura più accondiscendente. Il tempo scorre, tra nascite, lutti, gioie, dolori, rapporti che si incrinano, rapporti che nascono.

Le vicende dei protagonisti offrono tanti spunti di riflessione, primo fra tutti quello sulla responsabilità che ciascuno di noi deve assumersi sulla piega presa dalla propria vita. Leigh sembra voler dire che sono le nostre azioni a determinare gli eventi più importanti dei nostri giorni, se si sbaglia bisogna prenderne coscienza e rimboccarsi le maniche, per dare qualità al nostro tempo. In base a ciò anche una certa solitudine che accompagna alcuni personaggi è frutto di un passato vissuto con superficialità, in cui si aspettava che il destino sistemasse le cose. Ma non è mai troppo tardi, il regista lascia spazio anche alla speranza, in mezzo alla colorata girandola delle emozioni che il racconto mostra.

Per chi ama il cinema di Leigh, che ha scelto per la realizzazione di quest’opera collaboratori di vecchia data, anche tra gli interpreti, dove solo un paio sono alla prima collaborazione col regista, vedere questo film è un po’ come tornare a casa da amici, il sapore è quello dei suoi lavori più riusciti, in cui nulla è lasciato al caso.

Unico piccolo neo è il ritmo un po’ troppo lento della narrazione, che dilata i centoventinove minuti di girato. In un’epoca in cui tutti vanno di fretta, ci vuole un bel po’ di concentrazione a rallentare e immergersi in una tale tempistica.

In un cast ben assortito brilla Jim Broadbent, attore di razza, a suo agio nei film di Liegh, come in quelli su Harry Potter o Indiana Jones; dona a Tom un realismo unico, e fa sorridere di gusto alle battute.

Maria Grazia Bosu

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