Eco Del Cinema

A vida invisivel – Recensione

Il tentativo della rappresentazione della condizione esistenziale causata dall’incomunicabilità dell’uomo

Regia: Vítor Gonçalves – Cast: Filipe Duarte, Maria João Pinho, João Perry, Pedro Lamares, Susana Arrais – Genere: Drammatico, colore, 99 minuti – Produzione: Portogallo, 2013.

Avidainvisivel

Il portoghese Gonçalves, dopo circa 25 anni, torna sugli schermi con un film silenzioso ed enigmatico, interpretato da Filipe Duarte, Joao Perry e Maria Joao Pinho. Esso racconta la storia del tormentato impiegato del ministero Hugo (Filipe Duarte) che, durante una sera come tante, non riesce a tornare a casa perché angosciato dalle immagini del filmino in 8mm dell’amico, mentore e superiore Antonio (Joao Perry), morto in seguito ad una terribile malattia. Costernato dalla scomparsa di Antonio, Hugo ripensa al triste momento in cui il suo amico gli aveva rivelato di essere malato e questo lo fa riflettere su uno dei suoi grandi amori mancati della sua vita, Adriana (Maria Joao Pinho). Hugo cerca così di trasformare la morte di Antonio in un nuovo inizio ma dovrà lottare contro l’innato timore di relazionarsi con gli altri.

“A Vida Invisivel” è un film lento, illeggibile, che risulta noioso dal primo all’ultimo minuto di proiezione. Ci offre un quadro offuscato e impenetrabile della vita dei personaggi, ritratti con una totale confusione e incertezza. Il cast di attori sconosciuti si muove in una Lisbona in costruzione, più volte inquadrata dalla finestra della casa del personaggio principale, e paragonabile alla sua travagliata anima incompleta e taciturna. Egli solo nel finale, grazie all’aiuto più o meno volontario di Adriana riuscirà a trovare serenità e approcciarsi alla vita con maggiore personalità.

L’intera fotografia presenta una qualità scarsa dell’immagine; la scelta del buio e dei toni scuri delle ambientazioni affini alla chiusura emotiva del protagonista della storia, lascia a desiderare, così come la ricerca e la cura delle location della pellicola (per lo più uffici o esterni senza grande impatto).

Di sicuro le intenzioni del regista erano positive, ma la sua regia semplice e monocorde offre un risultato né convincente né intrigante. Faticoso ed estenuante, dai dialoghi piuttosto piatti e banali, “A vida invisivel” rivela un finale estremamente didascalico, sottolineato dalla per nulla originale dissolvenza dell’inquadratura della sagoma di Hugo.

Giulia Surace

Articoli correlati

Condividi