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Il leone di Orvieto – Recensione

Una storia avvincente, un personaggio comico, una regia impeccabile: ecco un film perfetto firmato Italia

Regia: Aureliano Amadei – Genere: Documentario, colore, 70 minuti – Produzione: Italia, 2012.

il_leone_di_orvietoDa cameriere a proprietario della MGM, “Il leone di Orvieto” è l’incredibile storia di Giancarlo Parretti che, nato ad Orvieto, da una famiglia umile, armato della sola ambizione, riesce a scalare le vette della società. Sin da ragazzo il lavoro non lo spaventa ed anzi fa turni doppi e tripli fino ad accumulare una somma che gli permette grossi investimenti in Sicilia: dirige una catena di alberghi, acquista il Siracusa Calcio, apre una serie di quotidiani locali. Con questa piccola fortuna Parretti si fa conoscere non solo su tutto il territorio italiano, ma anche all’estero, cominciando a farsi amici potenti tra le politiche europee. Il suo picco più elevato, però, sarà a contatto con il cinema quando acquista la casa di produzione francese Pathè ed infine l’americana MGM, grazie ad un prestito concesso senza alcuna garanzia dal Credit Lyonnais.

Un documentario che non è possibile definire in altro modo se non “perfetto”, l’opera seconda di Aureliano Amadei, che, lo ricorderete, si era fatto conoscere nel 2010 per il suo lodevole “20 sigarette”, vincitore del Premio Controcampo Italiano alla Mostra del Cinema di Venezia, e che oggi si conferma autore con la “a” maiuscola.

Il regista romano riesce a prendere la storia di un uomo oggi sconosciuto ai più ed a renderla avvincente come se parlasse di una celebrità di cui si vogliono conoscere i più intimi segreti. Quella di Parretti è una vita che vale la pena raccontare ed Amadei non ha il solo merito di essere stato il primo ad intuirlo, ma anche quello di aver colto in pieno come poter portare sullo schermo questa storia.

Il documentario è girato in maniera semplice ma efficace. Gli elementi di “Il leone di Orvieto” sono essenziali: il film è costituito per lo più da interviste classiche allo stesso Parretti, alle persone che più gli erano vicine nell’ambiente lavorativo ed ad esperti di finanza, economia e cinema, provenienti da Italia, Francia e Stati Uniti; il tutto è alternato da piccole caricature di cartone che vengono fatte muovere su di una sorta di mappa del mondo in cui sono evidenziate le città fondamentali nella vita di Parretti.

Ma, cosa più originale, le interviste sono intervallate, intensificate, commentate da spezzoni dei film più vari proiettati in una sala cinematografica: da Aldo Fabrizi a Sylvester Stallone, da Totò a Woody Allen, passando per James Bond, “Nuovo Cinema Paradiso” e “Cantando Sotto la pioggia”. Frutto di una trovata stilistica impareggiabile, queste scene inserite dopo una frase di Parretti danno nuovo significato (spesso comico) alle sue parole.

Sì, perché, ammettiamolo, la prima forza de documentario di Amadei è la valorizzazione di quegli aspetti della figura di Parretti che lo rendono naturalmente portato ad essere soggetto di satira: l’orribile pronuncia inglese nel nominare l’azienda che fu sua o gli stessi colleghi di una vita, così come l’aspetto provincialotto terribilmente fuori luogo accanto alle grandi star di Hollywood ed imprenditori stranieri.

Un film consigliato a chiunque ami il cinema poiché prima di un’inchiesta sul più grande crack finanziario della storia del cinema “Il leone di Orvieto” è una dichiarazione d’amore nei confronti dei film. Insomma due tiri al bersaglio e due pieni centri per Aureliano Amadei: speriamo per lui, ma soprattutto per il nostro cinema, che il film sia visto da più persone possibili.

Corinna Spirito

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